Dagli etruschi ai nostri giorni, alla scoperta di una delle aree sacre più affascinanti del Casentino
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Nel comune di Castel Focognano, a circa un chilometro da Rassina, esiste un luogo magico caratterizzato da almeno 2.600 anni di continuità spirituale. La sovrapposizione di edifici sacri che dall’epoca etrusca arrivano ai nostri giorni senza soluzione di continuità, fanno infatti di Pieve a Socana uno dei luoghi più affascinanti dell’intero Casentino.
Siamo alla base del versante orientale del Pratomagno, tra campi fertili e paesaggi bucolici, vicini alla riva destra dell’Arno e prossimi a un fondamentale snodo viario che fin dall’antichità connetteva Arezzo all’alto Casentino e trasversalmente metteva in collegamento la vallata casentinese con il Valdarno a ovest e la Valtiberina a oriente.
Un tempio etrusco unico in Toscana
Nel V secolo a.C., in un punto così strategico, venne eretto un grande tempio etrusco dedicato a Tinia e Menrva, ovvero i romani Giove e Minerva. Lo stesso toponimo “Socana” è considerato di origine etrusca.
Tra la seconda metà degli anni Sessanta e i primi anni Settanta del secolo scorso, un’importante campagna di scavo mise in luce l’area templare di età tardo arcaica. Sotto a un terrapieno, nei pressi dell’abside della pieve di Sant’Antonino, fu ritrovata un’ara sacrificale a pianta rettangolare, circondata da un recinto sacro, il temenos. La sua posizione era a est del tempio, del quale si può vedere ancora la gradinata di accesso formata da dodici scalini.
L’ara pagana a tre piani, dove venivano compiuti i sacrifici di animali, è costituta da grossi blocchi di pietra arenaria lavorati e collegati tra loro da staffe di piombo a coda di rondine. Assieme ai resti dell’altare furono recuperati alcuni importanti reperti, oggi conservati nel Museo Archeologico Nazionale “Gaio Cilnio Mecenate” di Arezzo. Altri elementi sono nel Museo Archeologico del Casentino a Bibbiena.
Da segnalare principalmente alcune antefisse del 460/440 a.C. che ornavano il tetto del tempio, con teste di Menadi o Baccanti, e altre risalenti al II secolo a.C. con teste di Minerva. Notevoli ritrovamenti furono anche i dischi di pietra fetida, uno dei quali presenta un’iscrizione che rimanda alla famiglia Kreinie, che presumibilmente esercitava la tutela del santuario nel V secolo. Questi ultimi manufatti vennero interpretati come basi di offerte o ex voto riferibili al culto del sole.
Per il valore dei reperti, quella di Pieve a Socana è considerata la più importante area sacra etrusca rinvenuta in Casentino, assieme a quella del Lago degli Idoli sul Monte Falterona. La zona religiosa fu poi frequentata anche in epoca romana, almeno fino al I secolo a.C., ma alcuni studiosi si spingono oltre.
La pieve di Sant’Antonino, gioiello romanico casentinese
Sui resti del tempio pagano sorsero una chiesa paleocristiana tra V e VI secolo d.C e una altomedievale nell’VIII/IX secolo, che fanno della pieve di Sant’Antonino una delle più antiche del Casentino.
Tra la fine del X e gli inizi dell’XI secolo la chiesa battesimale venne sostituita da una grande pieve romanica a tre navate e sei campate. L’edificio era triabsidato e provvisto di una torre campanaria cilindrica di influsso ravennate, su cui in seguito fu impiantata una torre esagonale. Una diversa ipotesi fa riferire la parte circolare del campanile ai resti di una ex torre romana di avvistamento.
Nel XIII secolo, in seguito a un evento bellico, un incendio oppure a una calamità naturale, la pieve fu rovinata. Per fortuna venne prontamente ricostruita con le stesse dimensioni, ma con una sola abside. Tra Quattrocento e Cinquecento l’edificio fu dimezzato, con le campate che da sei passarono a tre, provocando anche l’arretramento della facciata.
Negli anni Trenta del Novecento, su progetto di Giuseppe Castellucci, fu portato avanti un intervento di ripristino stilistico, con l’intento di ridare alla chiesa l’aspetto interno vicino a quello medievale, alterato nei secoli dagli stili imperanti del momento. Gli ultimi lavori di rilievo furono quelli che ormai mezzo secolo fa permisero di ridare all’antica pieve e alla preziosa area archeologica di Socana una lettura più corretta.
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