Immagine di copertina: Giulia Zanelli

Un prezioso scrigno della memoria collettiva dove tante storie del passato, quasi sempre sconosciute, trovano nuova vita. Dal 1984 l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano conserva i diari, le memorie e gli epistolari di tantissimi italiani, raccogliendo fino ad oggi circa 9.000 storie di vita. Tutto ha preso forma dall’intuizione del giornalista e scrittore Saverio Tutino, che quasi quarant’anni fa ha compreso l’importanza di creare un unico luogo fisico dove raccogliere le testimonianze autobiografiche di migliaia di persone.

Un suggestivo contenitore che ancora oggi, ad undici anni dalla scomparsa del suo fondatore, vive e cresce giorno dopo giorno grazie all’attività di tanti collaboratori e appassionati che in questi anni hanno saputo mettere a disposizione della collettività un servizio tanto prezioso quanto unico. Servizio che trova nel Piccolo museo del diario lo strumento ideale per accogliere gli avventori dell’Archivio in maniera coinvolgente, conducendoli per mano attraverso le scritture di persone comuni che hanno raccontato la storia d’Italia da un punto di vista assolutamente inedito. Memorie private che da storie singole e personali sono diventate storie collettive e universali.

Contestualmente alla nascita dell’Archivio diaristico, Tutino ha avuto fin da subito l’idea di abbinare all’attività di conservazione anche un concorso per diari aperto a tutti. A settembre di ogni anno, infatti, Pieve Santo Stefano si trasforma nella Città del Diario grazie al “Premio Pieve”, manifestazione oggi intitolata proprio al suo ideatore nella quale si celebra il rito dell’incontro fra chi ha scritto la propria storia di vita e chi l’ha letta e ascoltata. Un evento particolare, intimo e allo stesso tempo collettivo, che anche quest’anno ha visto uno strepitoso successo di pubblico nel corso delle varie iniziative organizzate dall’Archivio nelle quattro giornate dal 15 al 18 settembre.

Saverio Tutino – foto: www.lua.it

“Premio Pieve”: come partecipare

La selezione del materiale che perviene per il concorso è affidata ad una commissione di lettura composta da persone del luogo che durante tutto l’anno legge e discute sui diari, le memorie e le raccolte epistolari che giungono a Pieve. La stessa commissione sceglie fra i cento testi ammessi al concorso la rosa degli otto finalisti che vengono poi consegnati alla Giuria Nazionale.

Per quanto riguarda le tipologie di testo prese in esame, vengono recepiti con particolare preferenza gli scritti genuini, legati alla sfera intima o familiare, per i quali non era prevista la pubblicazione, almeno nelle intenzioni dell’autore. Proprio per questo motivo, in caso di trascrizione, lo staff richiede espressamente che il materiale sia mantenuto nella forma originaria, conservando anche eventuali errori di ortografia e sintassi, così da mantenerne inalterata la spontaneità e l’immediatezza. Il primo premio consiste in 1.000 euro e la pubblicazione del testo presso la casa editrice “Terre di mezzo”.

Foto di Giulia Zanelli

La ricerca della pace

Dedicata al tema dei Cercatori di pace, l’edizione 2022 del Premio Pieve ha rappresentato uno spazio di riflessione e condivisione attraverso le storie di quanti continuano a raccontare il ripudio della guerra e la ricerca degli ideali di pace condividendo la propria esperienza di vita sulla pagina scritta. Storie di persone comuni al centro di un calendario ricco di appuntamenti tra momenti di incontro, dibattiti su idee e libri, performance teatrali, un concorso dedicato alle scritture migranti, oltre alla consegna dei premi “Tutino Giornalista” e “Città del Diario” e al momento clou della giornata conclusiva con la proclamazione del diario vincitore tra gli otto finalisti selezionati.

Tra i protagonisti di quest’anno vi è la reporter Elena Testi, alla quale è stato assegnato il Premio Tutino Giornalista nella giornata di venerdì 16 settembre “per la cura e la puntualità della sua narrazione di contesti fino a poco tempo fa inimmaginabili: la pandemia, il confinamento, lo scoppio della guerra in Europa”. Attraverso i suoi servizi per La7, Elena ha raccontato giorno per giorno, con uno stile cronachistico e diretto, oltre due anni di pandemia, gli ospedali in perenne emergenza, i confinamenti nazionali, seguiti da una guerra alle porte dell’Europa con città assediate e rase al suolo, migliaia di vittime civili, flussi di profughi e venti di carestie che soffiano sempre più potenti.

Altro gradito ospite della manifestazione è stato il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, la cui presenza nella giornata di domenica 18 settembre ha rappresentato un’importante occasione di incontro e di dialogo. A Riccardi è stato consegnato il Premio Città del Diario, che ogni anno l’Archivio conferisce a una personalità di spicco della cultura, arte, politica italiana, che si sia spesa in maniera significativa per la conservazione della memoria collettiva. In un suo recente intervento, nell’elencare i numerosi conflitti ‘dimenticati’ che oggi si sommano a quello che infiamma l’Europa orientale, Riccardi ha ricordato che ciò “non vuol dire ridimensionare il dramma ucraino, ma segnalare come il mondo sia tanto ammalato di guerra” e che per tentare di guarirlo “c’è bisogno di uno sguardo globale”.

Foto di Giulia Zanelli

Il vincitore del Premio Pieve 2022

La 38ª edizione del Premio Pieve Saverio Tutino ha visto l’assegnazione del riconoscimento al friulano Ado Clocchiatti, autore di “Addio patria matrigna”. Nato a Udine nel 1883 in una famiglia di conciapelli, Ado dovrà abbandonare gli studi nonostante la “distinzione” con cui ottiene la licenza elementare. Scrive la sua memoria nel 1916, poco prima della chiamata alle armi per difendere la stessa “maledetta patria” che lo ha costretto ad una vita di migrazioni, povertà, lavori durissimi in condizioni al limite della sopravvivenza, e che gli sta chiedendo di combattere il “nemico” dal quale ha dovuto elemosinare il lavoro per sopravvivere. Ado ha lavorato in Baviera, Austria, Slovenia e Italia. Arruolato il 27 luglio 1916, muore di spagnola a Legnano il 7 ottobre 1918.

La memoria di questa “vita breve e struggente” – si legge nella lunga motivazione del Premio – è “scritta con una intensità che coinvolge e commuove”, e in essa “emergono la saggezza e la rassegnazione di un vinto che sa di non poter cambiare il proprio destino”. Un destino che “non vuole dare tregua ad Ado”, la cui testimonianza, tuttavia, “brilla per profondità e umanità e riscatta la brutalità dell’esistenza a cui è stato condannato”.

A ritirare il premio è stato il nipote Sandro Clocchiatti, che nel corso del suo intervento sul palco della manifestazione ha evidenziato il potere dei diari di superare il tempo e trasmettere emozioni forti anche a secoli di distanza: “Leggendo quello di mio nonno e guardando le sue foto, adesso sono convinto di averlo conosciuto e addirittura di riuscire a comunicare con lui”. Da oggi, grazie al prezioso lavoro dell’Archivio, le persone che potranno comunicare con Ado saranno molte di più.

Foto di Giulia Zanelli