Nel castello di Sorci vaga ancora il fantasma di uno dei condottieri più famosi del Quattrocento
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In un lieve pendio sopra il torrente Sovara, tra Anghiari e la strada Senese Aretina, si trova il castello di Sorci, fortilizio di probabile origine longobarda che nell’XI secolo fu di proprietà dei Barbolani di Galbino e in un documento del 1111 figurava in mano alla badia camaldolese di San Bartolomeo di Anghiari. Alla fine del Duecento faceva parte dei tanti fortilizi sotto il controllo dei Tarlati da Pietramala e, dopo la sottomissione di Arezzo a Firenze del 1384, l’anno successivo anche Sorci passò sotto il controllo della seconda.
La storia che raccontiamo prende il via proprio nei primi anni di dominazione fiorentina, alla fine del XIV secolo, quando da famiglia anghiarese “antica et onorata d’insegna” forse nacque nel castello Baldo di Piero Bruni, meglio conosciuto come Baldaccio d’Anghiari, uno dei condottieri più famosi del Quattrocento italiano.
Di temperamento ribelle e violento fin da giovanissimo, l’anghiarese venne accusato assieme ad altri compagni dell’omicidio di Tardiolo di Guiduccio Marescotti, reo di calunnie nei loro confronti e di aver provocato indirettamente l’annegamento nelle acque del Sovara di una donna. Gli imputati furono condannati a morte per decapitazione dal vicario fiorentino Bernardo di Biagio Guasconi con sentenza del 4 maggio 1420, mai eseguita perché tutti si dettero alla latitanza.
A causa del carattere turbolento, fu quasi naturale per Baldaccio intraprendere la carriera di soldato di ventura, vocazione tra l’altro ben radicata nel territorio valtiberino. Purtroppo nel 1426 si macchiò di un altro crimine, aggredendo a scopo di rapina un ricco mercante fiorentino nei pressi del castello di Ranco. Il vicario Niccolò Serragli, con sentenza del 29 marzo 1426, lo condannò all’impiccagione, ma anche in questo caso l’anghiarese la scampò facendo perdere le sue tracce.
In ambito militare, come mercenario, si distinse a più riprese nei campi di battaglia. Negli anni Trenta lo troviamo al soldo di influenti stati dell’epoca come Milano, Genova, Firenze, Urbino e il papato, a volte a fianco, altre volte contro i più grandi condottieri del periodo. La figura di Baldaccio d’Anghiari è mirabilmente racchiusa nelle parole di Niccolò Machiavelli, che lo definì “uomo in guerra eccellentissimo, perché in quelli tempi non era alcuno in Italia che di virtù di corpo e d’animo lo superasse”.
Per i suoi servigi a Firenze, il 4 aprile 1436 si guadagnò la cassazione delle due pesanti condanne pendenti da molto tempo. Il 19 giugno 1437 fu insignito della cittadinanza fiorentina e gli venne concesso un palazzo in città, dove dopo il matrimonio dell’anno seguente visse con l’amata Annalena Malatesta.
“Secondo una leggenda nella notte del 6 settembre il fantasma apparirebbe senza testa tenendola sotto il braccio”
Ormai uomo d’arme di spicco nello scacchiere italiano, nel giugno 1440 Baldaccio occupò di propria iniziativa Suvereto, nella zona di Livorno, e quindi pianificò la presa di Piombino, rinunciando al lungo assedio dietro un cospicuo compenso. L’anno successivo ritentò la conquista dello strategico centro marittimo, ma dopo una nuova rinuncia rientrò a Firenze. Il suo accresciuto prestigio era sempre più temuto, in particolar modo da Cosimo de’ Medici e dalla sua potente fazione. Proprio Cosimo mirava a indebolire l’influenza politica di Neri di Gino Capponi, grande amico del capitano di ventura e fautore di un espansionismo militare che andava in contrasto con la linea medicea delle alleanze da stipulare anche coi nemici storici, in favore dei commerci.
Baldaccio fu ucciso in un agguato il 6 settembre 1441 a Palazzo Vecchio, dove era stato convocato con un pretesto dal gonfaloniere di giustizia. Il cadavere fu gettato dalla finestra e trascinato in piazza della Signoria, dove gli fu mozzata la testa per essere esposta al pubblico ludibrio. L’assassinio scosse a lungo Firenze ed è ricordato come uno degli episodi più controversi dell’epopea medicea, che da allora storici ed eruditi hanno provato a decifrare.
Alla figura del condottiero Alberto Barelli ha dedicato nel 2020 il volume “Baldaccio d’Anghiari. L’avventura delle armi nel Quattrocento” (Edizioni Minerva), l’opera più completa mai scritta finora sul personaggio, che oltre alla ricostruzione di una biografia dettagliata fa piena luce su ogni aspetto legato alla tragica morte. Lo studioso ne indaga le ragioni e svela i retroscena del delitto rimasti nell’ombra, attraverso l’individuazione di responsabilità da parte di personaggi come il notaio anghiarese Giusto Giusti e l’inserimento della vicenda nell’intricato contesto politico e militare dell’epoca.
L’autore è uno dei figli di Primetto Barelli, indimenticato titolare della Locanda al Castello di Sorci, aperta negli anni Settanta del secolo scorso all’interno del fortilizio, dove si possono ancora ammirare le tracce dei Bruni e dei Pichi, altra famiglia che ha segnato per secoli la storia del maniero.
Dopo la scomparsa di Primetto, nel 2014, i suoi familiari hanno continuato a valorizzare nel segno del capitano di ventura del Quattrocento e del buono cibo un luogo che ha fatto la storia della ristorazione aretina. Secondo una leggenda, lo spirito senza pace del condottiero aleggerebbe sia nelle stanze di Palazzo Vecchio, dove egli fu crudelmente ucciso, sia nelle sale del castello anghiarese, dove ogni mezzo secolo per alcuni od ogni anno per altri, nella notte del 6 settembre, il fantasma apparirebbe senza testa, tenendola sotto il braccio, per ricordare a tutti un omicidio efferato che ancora oggi alimenta il grande mistero di Baldaccio d’Anghiari.