Digitalizzazione, economia circolare, ecosostenibilità sono i tre pilastri di Zucchetti Centro Sistemi, che ha continuato a incrementare il fatturato anche nel periodo della pandemia. L’emergenza sanitaria e lo smart working, la robotica e l’intelligenza artificiale, la sanità 4.0 e l’ambizione di una Technological Valley in Valdarno: il fondatore e presidente dell’azienda, Fabrizio Bernini, ci ha spiegato perché bisogna essere ottimisti nonostante la crisi. Con un’avvertenza:“il futuro non va temuto, va modellato”
A metà intervista Fabrizio Bernini prende carta e penna e comincia a tracciare righe, a disegnare cerchi e quadrati. Sembrano scarabocchi, in realtà sono guizzi d’ingegno che accompagnano le sue parole sull’innovazione digitale da integrare nelle macchine, nei dispositivi elettronici, nei robot, in modo da renderli intelligenti e, soprattutto, capaci di migliorare la quotidianità delle persone. Dentro quel foglio c’è il trait d’union tra passato, presente e futuro. Bernini è partito da zero, ha messo in piedi un’azienda che macina fatturato e tiene lo sguardo costantemente incollato sull’orizzonte. Con una scintilla dopo l’altra, in quasi quarant’anni di carriera, è riuscito a pensare (e realizzare) prodotti che non c’erano, a trovare soluzioni che scavalcassero i problemi.
Banalmente, possiamo dire che il segreto del suo successo sta proprio qui?
Il segreto è essere consapevoli che ogni giorno è buono per farsi venire un’idea. Ambrogio, per esempio, è nato perché pensavo a come potevo tagliare l’erba di casa, risparmiando tempo e fatica.
Ambrogio è il robot senza fili che cura le aree verdi. Da solo.
Sì. Oggi è un brand conosciuto che ha conquistato un’ampia fetta di mercato in Italia e all’estero. Poi è nato pure NemH2O, che pulisce le piscine. Il segreto comunque è anche un altro.
Cioè?
La creatività. E’ una dote che mi riconosco e che però va stimolata. Madre natura può darti tante qualità ma se non ci lavori, restano aride.
“Tra dieci anni l’85% degli occupati farà un lavoro che adesso non esiste. Oggi non si vende il semplice prodotto, oggi si vendono soluzioni”
ZCS è sinonimo di innovazione. Cosa significa?
Cultura, coraggio di pensare a soluzioni nuove rispettando salute e sicurezza, sia dell’uomo che dell’ambiente. Il vero punto di svolta sa qual è stato?
Quale?
Capire che i prodotti non finiscono quando si vendono ma quando smettono di funzionare. I nostri hanno un lungo ciclo di vita, in linea con i concetti di ecosostenibilità ed economia circolare. Dopo la vendita, garantiamo i servizi di assistenza che sono necessari.
A proposito di futuro. Dalla pandemia ne usciremo migliori o è solo retorica?
Ne usciremo migliori. Ci sarà un ricambio generazionale, nasceranno nuovi mercati con nuove opportunità professionali che i più intraprendenti, e i più giovani, non potranno non cogliere. Di qui a dieci anni sarà tutto diverso.
Per esempio?
L’85% degli occupati farà un lavoro che oggi non esiste. L’ho detto prima: oggi non si vende il semplice prodotto, oggi si vendono soluzioni.
Però per molti comparti la pandemia è stata una sciagura. Non teme contraccolpi di lunga durata?
Difficoltà ce ne saranno, non dobbiamo essere ciechi. All’inizio non sapevamo che avremmo dovuto combattere una guerra. La risposta delle istituzioni è stata in molti casi tardiva o inefficace e questo, oltre a danni economici, ha creato insicurezza. Per fortuna le cose cambiano. E il futuro non lo ferma nessuno.
ZCS nell’ultimo periodo, nonostante lockdown ed emergenza sanitaria, ha aumentato il volume d’affari. Se l’aspettava?
Ci speravo per diversi motivi. Il nostro mercato è rimasto ai margini della crisi, tant’è che gli acquisti per il settore tecnologico sono cresciuti. E l’utilizzo di internet nel mondo è salito del 25%. Ma al di là di questo mi piace pensare che tra la gente si sia consolidata una coscienza moderna imperniata su ecosostenibilità, digitalizzazione, circolarità dell’economia.
Che sono tre pilastri di ZCS.
Lo sono da sempre. Mi pare che intorno a questi concetti, anche l’Europa abbia recuperato credibilità. C’è stato un momento in cui la popolarità dell’Unione era crollata. Adesso si è invertita la tendenza.
Eppure l’Italia, in quanto a digitalizzazione, arranca rispetto ad altri Paesi. E l’intelligenza artificiale, in molti casi, continua a essere vista con sospetto. C’è chi teme possa causare una forte emorragia di posti di lavoro. Esiste questo rischio?
Succederà l’esatto contrario. La robotica porterà nuova occupazione, è acclarato. Chi si trincera dietro previsioni nefaste lo fa solo per una sterile autodifesa e per tutelare una sorta di comfort zone. Il futuro va modellato, non temuto.
E la digitalizzazione?
L’Italia deve recuperare terreno, è vero. Mi rincuora che nell’agenda di governo, adesso, questo tema sia ai primi posti. Per quanto riguarda ZCS, abbiamo investito da tempo nel Laboratorio delle Idee. Ci sono quaranta persone qualificate che lavorano per l’azienda e che hanno il compito di pensare a cosa succederà domani, a cosa si può fare per migliorare la vita di ciascuno di noi. Casa Green, Sanità 4.0 e Azienda Smart non sono slogan, noi puntiamo veramente su sistemi integrati che interagiscono e automatizzano processi in ambiti diversi, dalla produzione alla logistica, fino alla tutela ambientale e all’assistenza remota, all’efficientamento energetico e alla gestione del business in mobilità.
Una celebre frase di Confucio recita: “scegli il lavoro che ami e non lavorerai un giorno nella tua vita”. Sono parole che si sente cucite addosso?
Sì. Per me il lavoro è passione e passione è una bella parola. Una cosa fatta con piacere viene meglio, non ho dubbi su questo. Ai colloqui per le nuove assunzioni non chiedo quasi mai ai candidati il titolo di studio, ma come trascorrono il tempo libero.
Oggi è più difficile per un giovane imprenditore investire e confrontarsi con il mercato, come ha fatto lei?
Se è più difficile non lo so, di sicuro è diverso rispetto a prima. I giovani hanno più paura di rischiare, di perdere tutto, ma anche la consapevolezza di poter vivere con meno cose. Vorrei sottolineare che Confindustria, da anni, è al servizio di chi vuole avviare un’attività. Strutture di sostegno ce ne sono.
Lei è stato designato presidente di Confindustria Toscana Sud. Quanto la gratificherebbe ricoprire questo ruolo?
Partiamo da un presupposto: Confindustria, specie in questo periodo storico, è una struttura indispensabile per la stabilità del mondo del lavoro. Per quanto mi riguarda, sono a disposizione. Se dovesse confermarsi una convergenza trasversale sul mio nome, ne prenderò atto. E ne sarò felice.
Sarebbe una responsabilità pesante.
Non mi spaventa. E poi guardi, tutti i dati di cui siamo in possesso indicano l’Italia come uno dei primi Paesi per opportunità di ripresa dopo la crisi. Nel prossimo quadriennio dovremo affrontare sfide difficili ma affascinanti: transizione green, innovazione digitale, sostegno alle piccole e medie imprese e alle start up. Avremo tante cose da fare, senza perdere tempo.
Crede nella ripresa nonostante si dovranno conciliare le esigenze dell’economia con quelle della salute? La realtà ha dimostrato che non è semplice trovare un equilibrio.
Me ne rendo conto, è una sfida che va affrontata con razionalità e coscienza. ZCS, rispetto ad altre aziende, ha potuto gestire la pandemia con una certa semplicità. Da noi circa il 40% dei dipendenti è in smart working e questa nuova modalità potrà mantenersi anche dopo il ritorno alla normalità. Le difficoltà hanno favorito un’evoluzione nelle prestazioni lavorative, anticipando il trend di una decina d’anni.
Il sistema Italia, quindi, non è a rischio.
Io vedo terreno fertilissimo per gli imprenditori di domani. Lo ribadisco: del futuro non dobbiamo avere paura.
E il sistema Arezzo sarà in grado di riprendersi? O da noi è più complicato?
Divido l’analisi in due: in Valdarno c’è sempre stata una maggiore differenziazione del lavoro, mentre Arezzo ha vissuto per tanti anni su una produzione legata a doppio filo al settore orafo. In entrambi i casi, il mercato ci spinge verso la diversificazione. E’ in quella direzione che bisogna andare. Io sono ottimista e, credetemi, è un ottimismo fondato.
Avesse qui davanti il presidente del consiglio, Mario Draghi, quale richiesta gli farebbe?
Lo ringrazierei, perché da quando c’è lui gli imprenditori si sentono più tranquilli. Abbiamo la convinzione che contro gli sprechi, vero tallone d’achille della nostra economia, la lotta sarà reale e non fittizia. Semmai gli ricorderei alcune necessità non più rinviabili.
Quali sono?
Favorire l’accesso al lavoro per i giovani, dare loro la possibilità di fare impresa e detassare gli utili delle aziende. In Italia partiamo da una posizione di netto svantaggio rispetto all’Europa, la concorrenza nei nostri confronti ha un vantaggio enorme. E’ una zavorra pesante.
Se si volta indietro, riesce a individuare un momento in cui la sua carriera, e la sua vita, hanno cambiato passo?
Primi anni ’80. Ero giovane, ero dipendente di una società che fallì. Mi ritrovai senza uno stipendio e, con il senno di poi, credo che la mia vita sia cambiata in quei giorni. Iniziai a montare antenne per la televisione, insieme a un mio socio e amico che dopo poco lasciò. Allora mi misi in proprio, dopo aver studiato programmi software che, ancora adesso, sono il core business dell’azienda. Sembra un salto lunghissimo, in realtà è accaduto tutto passo dopo passo.
“La presidenza di Confindustria Toscana Sud? Le responsabilità non mi spaventano: transizione green, digitalizzazione, sostegno a piccole e medie imprese sono sfide difficili ma affascinanti”
Perché non ha mai lasciato i suoi luoghi d’origine?
Perché la territorialità per me è un valore. Sono nato qui, mi sono affermato qui, posso dire di aver restituito qualcosa alla mia gente, di aver portato lavoro nei posti dove sono cresciuto.
Lei ha parlato spesso dell’ambizione di rendere il Valdarno una sorta di Technological Valley. A che punto siamo?
Siamo molto avanti. ZCS interagisce da anni con l’indotto di questo distretto, collaborando con fornitori, enti, associazioni, mass media e scuole. Sosteniamo diversi progetti didattici e siamo sponsor del polo universitario aretino. L’obiettivo è coltivare i talenti di casa nostra, favorendo la crescita di nuove figure professionali.
Quando non lavora, Fabrizio Bernini a cosa si dedica?
Ai miei due grandi hobby: il cavallo e la moto da cross.
Però.
Il cavallo mi trasmette una serenità impagabile. Quando sono a passeggio per le colline qua intorno e penso che duemila anni fa c’era chi provava le mie stesse sensazioni, cavalcando negli stessi luoghi, mi emoziono. Poi la scintilla, per tornare a quel che dicevamo all’inizio, mi scocca spesso quando ho le briglie in mano. NemH2o per esempio è nato così.
Il motocross è decisamente più audace come hobby.
Non rinuncerei al mio Ktm elettrico per nulla al mondo. E’ pericoloso, lo so. Ma a chi me lo fa notare rispondo sempre che se dovessi farmi male, almeno andrei in ospedale felice.
Un imprenditore di successo come lei ha ancora un traguardo da tagliare?
L’aspirazione più grande è consolidare la vocazione di ZCS ad aprirsi al mondo. Ai miei dipendenti cerco di trasmettere l’entusiasmo che mi accompagna da sempre perché ho imparato una cosa: le aziende che vanno bene non sono quelle dove c’è una élite che guida e gli altri che vanno dietro, ma quelle dove tutti condividono la stessa strategia. Con identica partecipazione.
La storia di zcs e il laboratorio delle idee
Zucchetti Centro Sistemi (ZCS) nasce nel 1985 per iniziativa di Fabrizio Bernini, oggi cavaliere del lavoro, azionista e presidente dell’azienda. Nel 2000 ZCS entra a fare parte del gruppo Zucchetti SpA, prima azienda italiana di software che registra un consolidato di oltre un miliardo di euro, più di 7.000 dipendenti e circa 700.000 clienti (dati 2020). ZCS ha sede in Valdarno, a Terranuova Bracciolini, ed è dislocata su 3 building (Palazzo delle Idee, Palazzo della Tecnologia, Palazzo dell’Innovazione), con uffici decentrati in Emilia (Parma), in Sardegna (Sassari, Nuoro e Cagliari) e in Umbria (Perugia).
L’attività della società è organizzata in 5 Business Units: Software, Automation, Healthcare, Robotics, Green Innovation.
Le soluzioni brandizzate ZCS parlano la lingua del futuro, quella delle tecnologie digitali: sono rivolte a mercati diversi e connesse da fattori digitali comuni come l’utilizzo del Cloud, della tecnologia IoT (Internet of Things), dei Big Data e dell’Intelligenza Artificiale.
I progetti vengono sviluppati in autonomia all’interno del “Laboratorio delle Idee (Idealab)”, vera forza motrice del settore Ricerca & Sviluppo. Nato nel 2005, è composto da 40 giovani ricercatori, ingegneri meccanici, elettronici, informatici e designer, altamente qualificati. Qui le idee, trasformate in vere e proprie soluzioni, vengono sviluppate coniugando know-how e creatività per i diversi ambiti di mercato, all’insegna di salute e sicurezza, tracciabilità e controllo, velocità e mobilità, sostenibilità ambientale e risparmio energetico. ZCS nel 2010 e nel 2014 ha ricevuto il prestigioso Premio dei Premi per l’Innovazione, istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, “per l’innovazione dei propri prodotti” e “per l’approccio e l’impegno del management all’innovazione e alla responsabilità sociale”.
Cambiare si può
Classe ’57, sposato, una figlia, un diploma da perito industriale, Fabrizio Bernini è la dimostrazione lampante che cambiare si può. Il riferimento non è tanto a fatturato e assunzioni, che pure sono parametri fondamentali per ogni imprenditore, quanto alle linee guida della sua ZCS. La necessità di un’economia sostenibile, rispettosa della salute dell’uomo e dell’ambiente, è sempre più incalzante e mette le imprese, ma anche le istituzioni e i comuni cittadini, di fronte a un bivio decisivo: proseguire con le cattive abitudini del passato, e rischiare di peggiorare le cose in modo esiziale, oppure invertire la rotta. ZCS ha intrapreso questo percorso già da diversi anni, puntando su capitale umano, energie rinnovabili, risparmio energetico, prodotti ecofriendly e digitalizzazione in un’Italia in cui, riguardo transizione green, banda larga e connessione ultra veloce, si registrano ancora ritardi insopportabili. Ma i buoni esempi, si sa, contano più delle belle parole. Il merito di ZCS è soprattutto questo.