Avete mai sentito parlare di Marie-Sophie Germain? È stata una matematica francese conosciuta per il suo lavoro sulla teoria dei numeri e sull’elasticità. Parigina, nella capitale francese è nata l’1° aprile e lì è morta il 27 giugno 1831, ancora oggi è un’icona femminista perché per affermarsi come matematica ha dovuto combattere contro i pregiudizi sociali e culturali dell’epoca, dovendo addirittura utilizzare uno pseudonimo maschile, Antoine-August Le Blanc, dato che le donne erano escluse dagli ambienti accademici, nonostante l’Età dei Lumi. Ha fatto molta fatica per affermarsi, essere riconosciuta e infine apprezzata per il contributo che ha dato alla matematica. Perché questo preambolo? Per presentarvi le nove ragazze del liceo Scientifico Francesco Redi di Arezzo che hanno conquistato la finale nazionale, Gara a Squadre Femminile, delle Olimpiadi della Matematica, che si disputeranno a Cesenatico dal 6 all’8 maggio prossimi.
«La squadra è composta da sette ragazze più due riserve – sottolinea Velia Guiducci, vice preside e professoressa di matematica, una mentore per la squadra femminile, anche se lei si schermisce –. C’è una capitana, Matilde Bartolozzi, e una consegnatrice, Elena Pasqui. La squadra deve risolvere dai venti ai ventiquattro esercizi, la consegna avviene sulla piattaforma di gara dove vengono confrontati con i risultati delle altre squadre. Partecipano le scuole di tutta Italia suddivise in tre gruppi e per ognuno di questi ne passano otto, la squadra femminile del Redi è arrivata terza». A Cesenatico ci saranno ventiquattro squadre, le menti di oltre duecento ragazze che cercheranno di battersi per conquistare il podio: «Le nostre provengono per la maggior parte dall’indirizzo base e solamente due da Scienze applicate (nel quale non c’è il latino, ndr), dalla terza alla quinta, secondo la suddivisione prevista dal regolamento, e in questi mesi hanno scoperto quanto sia importante la cooperazione, riescono a caricarsi a vicenda e ad arrivare alla soluzione con un incredibile lavoro di gruppo, c’è chi è più forte in algebra, chi in geometria, chi nella teoria dei numeri e c’è sempre una parte che ricontrolla prima della consegna». Le nostre, perdonate l’orgoglio campanilistico, ragazze possono mangiare mentre gareggiano, ma soprattutto lavorano insieme, sbagliano insieme, cercando di superare gli errori senza drammi, un modo diverso di affrontare la matematica che come dice la professoressa: «Può essere frustrante quando non si riesce a risolvere un esercizio» e se lo dice lei.
Eleonora Renzetti frequenta la 4E e ha diciassette anni, quasi diciotto sottolinea. Se dici matematica a lei vengono in mente tre parole: «Amore, logica e rigore. La passione per questa materia è nata alle elementari, forse è una cosa genetica visto che mia madre la insegna. Alle scuole medie mi sono appassionata ancora di più e ho sempre fatto molte gare. Così ho proseguito gli studi scientifici e ho incontrato una professoressa (Velia Guiducci, ndr) capace di trasmettere il piacere per questa disciplina e la squadra ha fatto il resto: abbiamo un obiettivo comune e ci divertiamo usando il cervello. Alcune delle ragazze sono cambiate dall’anno scorso ma lo spirito è lo stesso, ci alleniamo tutte le settimane e si è creato un bel feeling tra di noi, è un’esperienza bellissima. Abbiamo imparato l’importanza del lavoro di gruppo, la possibilità di raggiungere un obiettivo comune partendo da competenze diverse, senza mai dimenticare che alla fine è sempre un gioco». Eleonora quando il pomeriggio è stanca fa matematica perché la diverte; non ridete, perché il tempo di deridere i ‘secchioni’ è finito e questo mondo che va alla velocità della luce ha bisogno di ragazze consapevoli e preparate, ragazze che sanno cosa vogliono, nella vita, come nel percorso formativo: «In classe mi chiamano “Il Messia” (e lo dice con tutta la naturalezza possibile, ndr), mi stimano, ma io non mi reputo un genio e da grande? Credo che studierò Giurisprudenza, un percorso nel quale la logica, cioè la capacità di affrontare un problema e risolverlo, è importante, quindi tutte queste abilità non andranno perdute».
Anche Matilde Fratini frequenta la 4E e anche lei ha diciassette anni, quasi diciotto. Verrebbe quasi da dirglielo che crescere alla svelta non è l’obiettivo ma è inutile perché tutti a quell’età abbiamo un reattore sulla schiena che spinge verso il futuro, bramosi di arrivarci, per cercare di capire il senso dell’esistenza. Un senso che alcune trovano dentro la matematica e la geometria. Lo spiega bene Matilde che adora quest’ultima: «Tutto ciò che è intorno a noi è geometria, l’arte, l’ideale di perfezione, l’armonia resa agli spettatori sono determinate dalla misura e dal rigore di questa disciplina. La simmetria e l’armonia stesse dell’uomo». Matilde non si nasconde, nessuna di loro lo fa o lo ha fatto durante l’intervista: «Avere un’intuizione visiva sulle cose aiuta a guardarle da punti di vista diversi e a venire a capo di problemi che probabilmente sarebbe difficile risolvere. Nella squadra, quando qualcuna non riesce a ‘vedere’ la soluzione subentra un’altra ragazza, perché preparazioni e competenze diverse sono di grande aiuto per svolgere gli esercizi delle gare. In futuro? Per fortuna ho ancora un anno davanti prima di scegliere, mio fratello fa Ingegneria e io sono indecisa tra diventare ingegnere e architetto, un mix tra rigore e armonia. Ma non disdegno Design ed Economia. La cosa più bella di queste gare e di questi momenti è che aiutano a imparare in modo molto più divertente che dietro i banchi di scuola. Senza contare l’empatia che si è creata tra di noi e i rapporti interpersonali». Perché la vita non è mai una cosa sola, ma tutte insieme, a scuola, in famiglia, con le amiche, persone nuove con cui nascono nuovi rapporti, anche di stima, per chi ha deciso di cimentarsi nelle Olimpiadi della Matematica.
Viola Lugugnani di anni ne ha proprio diciotto e anche lei frequenta la 4E. La passione per i numeri è nata grazie al padre con il quale si divertiva a fare le operazioni alle elementari: «La cosa che mi piace di più è essere una squadra, potersi confrontare. In fondo la matematica ci spiega come funziona il mondo e io, tra le altre cose, mi diverto ad aiutare mio cugino più piccolo in questa disciplina. Sono indecisa tra Medicina e Matematica pura, sono attratta dal mondo della ricerca. Ho sempre fatte delle gare e ho potuto notare come il numero delle ragazze sia aumentato nel tempo, così come nell’università e nella ricerca siamo sempre più presenti. Devo dire, però, che se guardo alla mia generazione, alle mie amicizie, quel gap lo abbiamo già azzerato, rispetto a quelle precedenti». E questa cara Viola è una gran bella notizia.
Elena Cacioli ha diciassette anni e viene dalla 4D, la sua materia preferita? L’algebra: «Fin da piccola amavo fare espressioni ed equazioni, mi sono sempre allenata e poi sono arrivate le gare. È bello mettersi in gioco ed è ancora più bello farlo in gruppo, condividere una gioia comune, perché quando succede tutto diventa migliore. Ci sono stati anche momenti difficili, con alcuni esercizi ostici, ma non ci siamo mai scoraggiate e con l’aiuto della prof e gli allenamenti continui abbiamo superato anche quelli. La finale? Ancora non ci abbiamo pensato, arriverà il momento insieme con l’ansia, ma ancora c’è tempo. Cosa è per me l’algebra? Qualcosa che mi fa stare calma, potrei farla per ore e anche in questi due anni di pandemia, nei momenti più bui, ho trovato nei numeri una forza e una calma che mi hanno aiutata. Senza contare che gli algoritmi che fanno funzionare il mondo digitale si basano proprio sull’algebra e sui numeri. Quando posso aiuto i miei coetanei, perché per me la matematica non è una semplice materia di istituto, come, con tutto il rispetto, possono essere storia o italiano. All’università? Matematica pura o Economia e Finanza alla Bocconi». Idee chiare, anzi chiarissime quelle di Elena e occhi puntati sul futuro, come è giusto che sia a quell’età.
Elena Pasqui, 3P, del gruppo è la mascotte, ma solamente all’anagrafe, sedici anni: «Sin da piccola ho visto l’algebra come un gioco e ho sempre partecipato alle attività scolastiche correlate perché quello che si faceva era più divertente rispetto alla classica matematica scolastica. Delle gare mi piace l’adrenalina e l’impegno che ci mettiamo per dare il meglio a prescindere dai risultati e dalla soddisfazione personale. In questa squadra (sembra quasi l’incipit del discorso di Al Pacino in Ogni maledetta domenica, ndr) riusciamo a gestire molto bene i momenti di tensione, nonostante le opinioni contrastanti c’è una bella collaborazione, ragioniamo in modo collettivo e anche se sono la più piccola e sono arrivata da poco in squadra ascoltano anche i miei consigli, per arrivare tutte insieme a una conclusione condivisa. In classe mi hanno sempre vista come un punto di riferimento e a me, se posso, piace aiutare gli altri: mi interpellano durante le spiegazioni di matematica o durante le gare di classe. Col tempo ho imparato a staccarmi da quello che sto facendo senza perdere la concentrazione. Gli allenamenti e le gare mi hanno insegnato a ragionare velocemente su più questioni, perché durante la competizione è fondamentale aiutarsi a vicenda, spostandosi da un esercizio all’altro per dare una mano a chi ha più bisogno». Per Elena il futuro è più lontano: «Ingegneria è sicuramente un’opzione, ma sono sicura che le capacità che sto acquisendo in questi anni mi aiuteranno a scegliere quando sarà il momento».
Sara Zhou, diciotto anni compiuti, è della 5B. Caratteristica? Una forte passione per la geometria: «Che unisce intuito e logica, soprattutto per risolvere i teoremi. Non avevo mai provato la sensazione di lavorare in squadra e questa esperienza mi ha aiutata a colmare un vuoto. All’inizio lavoravamo separatamente, ma col tempo abbiamo imparato a collaborare. La sensazione più particolare è che sto vivendo l’ultimo anno di liceo e questa esperienza contestualmente, sapere che quello che stiamo facendo è irripetibile: è davvero una sensazione strana. Cosa farò da grande? Sono ancora indecisa tra Economia e l’ambito farmaceutico».
Martina Burroni frequenta la 5G e ha diciotto anni: «La matematica mi è sempre piaciuta, anche perché mi è sempre riuscita. Alle medie non ho mai avuto la possibilità di fare delle gare così quando si è presentata allo Scientifico mi sono buttata anche se all’inizio ero un po’ restia. La competizione crea ansia, ma alla fine sono stata intrigata dal confrontarmi con le altre e insieme ci troviamo bene, la squadra è un’esperienza molto bella, all’interno della quale mi metto costantemente alla prova. Ci aiutiamo tra di noi e lavoriamo insieme per risolvere gli esercizi. La collaborazione è fondamentale, soprattutto durante la gara, perché quando un esercizio non riesce una parte va avanti con gli altri e l’altra resta sul pezzo per cercare di risolverlo. Altrimenti l’ansia avrebbe la meglio e perderemmo solo tempo, così invece riusciamo a restare lucide e anche quei momenti di fibrillazione passano senza problemi; l’approccio mentale è fondamentale. Le amiche? Ci scherzano su, alcune non capiscono cosa ci troviamo nelle gare di matematica, ma ognuna ha i propri gusti, le cose che la fanno stare bene e per me queste cose sono l’algebra e la matematica, meglio se in gara. Sul resto non ho le idee chiare ma se devo scegliere preferisco la Matematica applicata alla Matematica pura, ricordando che per i problemi più difficili serve molta astrazione per arrivare al risultato finale».
Anche Matilde Bartolozzi proviene dalla 5G e anche lei ha diciotto anni compiuti: «Algebra e calcolo delle probabilità, geometria invece non è nelle mie corde. La passione per la matematica e per le gare l’ho avuta sin da piccola. Alle medie ho iniziato a partecipare ai giochi matematici della Bocconi grazie alla scuola e quando non ce l’hanno più proposto ho iniziato a iscrivermi da sola. Poi allo Scientifico ho incontrato la professoressa Guiducci e dalla seconda superiore partecipo alle gare, anche perché la matematica che facciamo è molto più divertente di quella ‘scolastica’. Io lavoro molto a stretto contatto con Martina, essendo compagne di classe, e insieme riusciamo a risolvere problemi che da sole sarebbe difficile. La collaborazione, come immagino abbiano detto anche le mie colleghe, è fondamentale e insieme siamo capaci di risolvere esercizi che altrimenti avrebbero creato momenti di stallo. L’allenamento è continuo e ancora c’è tempo prima della finale, ci troviamo tutte le settimane e la preparazione è costante. In fondo non abbiamo niente da perdere, non è un compito in classe o un’interrogazione, quindi c’è tanta adrenalina e la giusta tensione. Nei due anni precedenti anche le gare erano online, come la didattica, e quello che adesso vogliamo è vivere questo momento con leggerezza, godercelo fino in fondo perché questa esperienza rimanga il più a lungo possibile dentro di noi. Alla fine dell’anno usciremo dal liceo e tutto quello che abbiamo fatto diventerà irripetibile, è difficile anche solo pensarlo adesso. Dopo? Matematica al Politecnico di Milano, ho fatto il test in quarta per togliermi il pensiero», capito?!
Valeria Capacci, 5S, è la più ‘anziana’ con i suoi diciannove anni: «Logica, i problemi con le formule e i calcoli non fanno per me. Alle elementari non ero brava, la matematica non m’interessava, poi dalle medie è cambiato qualcosa, grazie anche a mio padre che è bravissimo. La cosa più gratificante è quando riesci a risolvere un problema con la logica, perché serve anche la tua esperienza e serve sicuramente una mente elastica. Delle gare mi piace molto mettermi in gioco e confrontarmi con le altre ragazze, arrivando alla stessa soluzione partendo da strade diverse. Avere una mente logica, nella vita di tutti i giorni, non sempre aiuta a confrontarsi nei rapporti interpersonali, però non è detto che tutti debbano avere le stesse attitudini, alla fine è un continuo completarsi. Manca poco alla finale e alla fine di tutto questo, sento già nostalgia e so che mi mancherà, anche perché all’università non ci sarà l’opportunità di fare queste cose. Dopo? Mi aspetta Ingegneria informatica. Avere un’istruzione robusta è importante e credo che nel 2022 tutte le donne dovrebbero essere emancipate. L’idea che l’uomo ‘intelligente’ debba trovare la sua dolce metà meno istruita è il passato e io mi ritengo fortunata a frequentare persone che la pensano in modo diverso. Nel gender gap abbiamo fatto grossi passi in avanti».
Rimettendo a posto i banchi e chiudendo la porta dell’aula che abbiamo occupato il tempo dell’intervista la professoressa Guiducci riesce a mettere a fuoco alcuni passaggi fondamentali di un progetto del genere: «Questa è la dimostrazione di come la scuola, oltre i suoi muri, possa diventare eccellenza. Negli anni passati in queste gare c’erano più maschi che femmine, oggi per fortuna non è più così ed è importante perché questa percezione aiuta a cambiare le cose anche al di fuori dell’istituzione. La finale per le ragazze è una grande soddisfazione e insieme a questa hanno accumulato esperienze di studio e di vita fondamentali. La scuola deve fare proprio questo, deve tirare fuori le passioni degli studenti e delle studentesse, deve valorizzare ogni singolo individuo e non credo che si debbano fare distinzioni tra ragazzi più portati o meno portati per la matematica, qualche volta è solo che nessuno è riuscito a fare emergere nello studente determinate passioni. Infine, non posso non pensare che questo tipo di attività aiutino a superare anche i luoghi comuni e a permettere alle ragazze di affermare le proprie capacità in campi, storicamente, considerati appannaggio dei maschi», insieme con una professoressa con tanta passione.
E allora rimettiamole idealmente in fila queste ragazze: Eleonora, Matilde F., Viola, Elena C., Elena P., Sara, Martina, Matilde B. e Valeria. Sono le ragazze che, come tutti i loro coetanei, sono state chiuse per due anni e che adesso stanno sbocciando con tutta la loro intelligenza. Guardatele bene, guardatele in faccia e negli occhi. Queste sono le ragazze di oggi e le donne di domani e ci piacerebbe un giorno sapere cosa avranno fatto della propria vita, cosa sono diventate. Ci piacerebbe restituire a tutti voi la bellezza di questa intervista, non quella estetica, perché faremmo un torto enorme a tutte e nove cadendo nei triti luoghi comuni, ma la bellezza delle loro parole, delle loro idee, dei loro pensieri e dei loro progetti. Una bellezza contagiosa, ma come diceva Don Milani dobbiamo fare spazio ai giovani, in questo caso alle giovani, senza farsi spazio. Sperando di esserci riusciti.