Tra le iniziative culturali che stanno riscuotendo maggior successo in Valtiberina negli ultimi tempi vi è senza dubbio la mostra “Il Colore dentro”, allestita nelle sale di Palazzo Alberti a Sansepolcro e dedicata alla figura di Francesco Dindelli, artista biturgense dotato di immenso talento e protagonista di un’esistenza costellata di momenti difficili e talvolta drammatici.
L’idea di riportare alla luce e rendere accessibile ad un pubblico più ampio la complessa opera di Dindelli nasce da varie istanze che, attraverso l’iniziativa dell’associazione L’Accademia in collaborazione con l’amministrazione comunale biturgense, si sono concretizzate in un emozionante progetto espositivo – curato da Alessandra Baroni e accompagnato da un ricco catalogo – che conta circa una novantina di opere in mostra tra disegni, dipinti, ceramiche, fotografie e oggetti. Molte di queste sono state recuperate per gentile concessione degli eredi, ma anche grazie ad una capillare ricerca sul territorio portata avanti dagli organizzatori.
L’amore per la luce e per la vita
La mostra “Il Colore dentro” avvolge in un unico sguardo l’intera produzione di Francesco, evidenziando la sua straordinaria qualità artistica e il suo profondo interesse per il colore che non lo abbandonerà mai fino alla fine dei suoi giorni.
Nelle sue opere si percepisce una chiara ispirazione alla cultura artistica del Ventennio, in particolare di Rosai, Casorati, ma anche all’avanguardia italiana di Morandi e Guttuso, ai quali si allinea per lo sguardo commosso sui volti e le pose degli umili personaggi oggetto dei suoi ritratti; insieme a questo, vi è poi il valore plastico ed espressivo delle forme cromatiche nei suoi dipinti di nature morte, uccelli e vasi.
Un’esistenza complessa, tra prigionia e ricoveri
Le quattro sezioni della mostra creano un percorso irregolare e circolare tra le opere che Francesco ha realizzato nei diversi momenti della sua incredibile esistenza. Tutto ebbe inizio nel 1917 in una casa del centro storico di Sansepolcro, dove nel Francesco nacque e visse assieme alla madre Viola, casalinga, e al padre Giuseppe, pastaio alla Buitoni con l’hobby della fisarmonica e della poesia. Proprio da quest’ultimo ereditò la vena creativa che ne caratterizzò la vita fin dall’infanzia.
Dopo aver concluso gli studi al locale Istituto d’Arte e dopo una prima esperienza come decoratore in un atelier di ceramica, ecco sopraggiungere la guerra: nel 1940 Dindelli fu inviato in Libia dove prese alle operazioni militari nel Nordafrica. Fatto prigioniero dagli inglesi il 5 gennaio 1941, trascorse un mese all’ospedale del Cairo a curarsi dalla malaria e, prima che fosse guarito, fu trasferito in India a lavorare in opere di bonifica. Nel 1944 ecco l’ulteriore trasferimento in Australia, dove vide peggiorare ulteriormente le sue condizioni di salute. Mentre i fratelli erano impegnati nella lotta partigiana, Francesco trascorse una dura prigionia che lo avrebbe segnato profondamente: la pittura e la poesia furono le sue uniche consolazioni.
Profondamente segnato dalla prigionia e dalla lontananza da casa, Francesco farà ritorno a Sansepolcro alla fine del 1946. Dopo un vano tentativo di ottenere un risarcimento per quanto vissuto negli anni del conflitto, rifiutando al tempo stesso una pensione per invalidità psicofisica, negli anni ‘50 iniziò a manifestare disturbi psichici che lo portarono a trascorrere 14 anni presso l’ospedale neuropsichiatrico di Arezzo, conosciuto al tempo come i Tetti Rossi. Anche in questo difficile contesto la sua unica ancora di salvezza fu la sua enorme creatività, unita ad una sensazionale tecnica di disegno, che lo portò a dare vita ad una serie di opere uniche, seppure realizzate con materiali estremamente essenziali quali penna biro e fogli di carta.
Dopo il ritorno a casa, avvenuto negli anni settanta, Dindelli condusse un’ultima parte di vita abbastanza serena, influenzata tuttavia dalla nomea di ‘matto’ che lo accompagnò fino alla morte, sopraggiunta il 23 settembre del 1986. Proprio in quel periodo Francesco si era deciso ad esporre le proprie opere, senza tuttavia poter assistere allo svolgimento di quella che fino ad oggi era stata l’unica mostra a lui dedicata e che i familiari e il parroco del Sacro Cuore, Don Tersilio Rossi, decisero comunque di organizzare in sua memoria.
La nuova mostra a Palazzo Alberti
Proprio grazie al catalogo di quella piccola mostra di 35 anni fa, trovato casualmente dal biturgense Stefano Vannini, presidente de L’Accademia, l’arte di Francesco Dindelli è stata riscoperta e la sua città gli può oggi rendere omaggio con un evento, organizzato nella splendida cornice di Palazzo Alberti e aperto fino all’8 gennaio, che già prima delle festività natalizie aveva raccolto oltre mille adesioni. “Un risultato strepitoso che ci rende ancor più orgogliosi di avere reso omaggio a questo concittadino così a lungo dimenticato – racconta Vannini – L’estro, il talento e la drammaticità dei temi trattati nelle sue opere meriterebbero davvero un risalto che superi la sfera locale, anche per la sua capacità di offrire uno spaccato del ‘900. Sansepolcro ogni tanto restituisce delle perle, un po’ come il mare: questo è uno di quei casi”.