Crispi’s, Ristoburger Easy, Mexcal, adesso Ipokeyou: locali che hanno fatto e stanno facendo la storia della ristorazione ad Arezzo. Dietro i piatti di chianina certificata, il pollo fritto, la poke al salmone ci sono passione per il lavoro e intuizioni imprenditoriali, indispensabili per cavalcare gusti e tendenze del momento. E c’è un team di successo in un settore dove il rischio di bruciarsi è altissimo: “Ma ogni persona che si siede al nostro tavolo è un’emozione. Finché dura, andiamo avanti”

Che la passione e l’amore per il proprio lavoro siano presupposti indispensabili per avere successo, Up lo va raccontando da anni. O meglio, sono le storie dei protagonisti che lo testimoniano in maniera chiara. Questo accade in ogni ambito professionale, nel capoluogo come in provincia, per i giovani che si affacciano alla ribalta e per quelli più attempati che hanno una lunga esperienza alle spalle.
Poi però, in aggiunta al piacere di cimentarsi con un’attività che deve produrre soddisfazione e reddito, c’è dell’altro. Servono l’intuizione, il guizzo, la lampadina che si accende al momento giusto e consente di cavalcare l’onda, di salire sul treno in corsa, di cogliere al volo l’opportunità migliore. Carpe diem dicevano i latini e si riferivano a tutte le cose della vita.
Federico, Fabio e Francesca sono i titolari del Crispi’s in una via centralissima di Arezzo. Gestiscono anche il Ristoburger Easy al centro commerciale Al Magnifico e la new entry Ipokeyou, pokeria che si trova sempre in via Crispi. Poi ci sarebbe pure il Mexcal in via Pietri, zona scale mobili, ma quello ha una storia a parte.
Fin dal primo giorno, 27 febbraio 2001, insieme a Federico, che è anche presidente dei ristoratori di Confcommercio, lavorano in società con lui il fratello Fabio e la moglie Francesca. Dal 2013 un aiuto indispensabile nella gestione operativa delle attività lo porta anche la cognata Simona, compagna di Fabio e responsabile di uno dei tre locali. Un dettaglio, quello della conduzione familiare, che presentava dei margini di rischio e che invece si è rivelato uno dei segreti del successo, un vantaggio in più da sfruttare, che ha agevolato il lavoro senza compromettere i rapporti personali.
“Il punto di partenza della storia – racconta Federico – risale all’adolescenza. Ero un ragazzino, abitavo nella zona di via Arno, ad Arezzo, e da lì non passavano molte auto. Scendevo in strada e allestivo un barettino artigianale dove vendevo gomme da masticare e bicchieri di spuma bionda. Quest’anima ha sempre fatto parte di me, ce l’ho nel dna, mi ha accompagnato ovunque. A vent’anni lavoravo alla discoteca La Luna di Talzano, ero barman e responsabile di sala. Trascorrevo lì tutti i fine settimana, i soldi mi servivano per pagarmi gli studi in economia e commercio. Un giorno, mentre stavo preparando la tesi, venni a sapere che il Crispi’s era in vendita. Era il 2001, mi trovai davanti a un bivio: terminare l’università e farmi assumere da una società di Firenze specializzata nel controllo qualità delle aziende oppure acquistare il Crispi’s e mettermi in proprio. Con Francesca, che lavorava alla Unoaerre nel settore marketing, ero fidanzato da un anno: ne parlai con lei e con Fabio, che aveva poco più di 20 anni ma già aveva dimostrato la mia stessa passione, intraprendendo studi da perito agrario e lavorando saltuariamente insieme a me come barman. Fummo concordi nello scegliere la seconda opzione. E ci buttammo”.
I primi tempi, come quasi sempre capita, non furono semplici. Un’attività nuova, l’investimento economico da recuperare, le incognite sul futuro, gli orari massacranti che lasciavano pochissimo spazio al riposo e alla vita privata.
“Acquistare la licenza commerciale – spiega Francesca – all’epoca era molto oneroso. Ci siamo indebitati puntando sulla luce che vedevamo in fondo al tunnel. In cuor nostro sapevamo che stavamo facendo la cosa giusta. Poi però la realtà è diversa, imprevedibile. Io e Federico non avevamo nemmeno trent’anni, Fabio ne aveva 22. A quell’età c’è la forza dell’incoscienza che ti sorregge ma tenere a bada le ansie è faticoso. Oggi possiamo dire che ce l’abbiamo fatta e che quella decisione è stata la nostra fortuna”.
Il percorso non è stato tutto in discesa, anzi. Il Crispi’s era un pub ristorante in stile anni ’90, scuro, rifinito in legno, bellissimo per quel periodo ma con un’impostazione invernale e i clienti, con l’arrivo della bella stagione, migravano altrove. Il locale non poteva disporre di tavolini all’aperto, il che rappresentava una zavorra pesante.
“E’ stata dura – ricorda Fabio. Inizialmente abbiamo portato avanti l’impostazione della precedente gestione, con il pub e il ristorante sempre aperti, a pranzo e cena. Lavoravamo dalle 9 di mattina alle 3 di notte, dormivamo veramente poco. Avevamo ripagato i debiti ma la vita sociale si era azzerata. Eravamo stanchi e pensammo anche di mollare, ma non è accaduto. Anzi, ci siamo rimboccati le maniche e uniti abbiamo deciso di rilanciare. Era il 2007, la cucina messicana stava registrando un boom di consensi ovunque. Forti dell’esperienza del passato in un locale etnico, abbiamo creato il Mexcal, autentico ristorante messicano con chef e prodotti importati direttamente da là. E’ stato un grande successo che ha movimentato tante estati aretine, non solo con i suoi piatti piccanti e le brocche di sangria, ma anche con la festosa atmosfera del dopocena: si ballava, c’era musica, si beveva una tequila bum bum, si facevano le ore piccole. Segnò una svolta importante anche per noi, perché in estate, con il Crispi’s a riposo, avevamo comunque un’attività che ci dava molte soddisfazioni”.
Dal 2020, quando ha chiuso per la pandemia, il Mexcal è in standby e ci sono alcuni ostacoli burocratici da superare prima di ritirare su la saracinesca.
“Ma lo riapriremo – dice Federico – anche se il Crispi’s ormai lavora tutto l’anno. Il 2011 infatti per questo storico locale è stato l’anno della svolta, nata come spesso accade da una serie di casualità. Con Francesca eravamo in viaggio di nozze negli Stati Uniti. Ci fermammo a prendere un hamburger sulla costa, vicino Miami. E ci venne la folgorazione sul da farsi: carne di qualità, che in Toscana non manca, servita in un contesto particolare, americano ma non troppo. In quel periodo se dicevi hamburger pensavi a McDonald’s, ai prodotti surgelati. E invece no, noi volevamo che la gente mangiasse bene e di qualità, a prezzi accessibili, in un clima informale. Tornati a casa, tutti e tre girammo la provincia alla ricerca dei tagli di prima scelta provenienti da allevamenti selezionati. L’incontro decisivo fu con Franco, il nostro macellaio di fiducia, che con la sua carne Chianina IGP certificata rispecchiava pienamente le nostre aspettative: grazie a lui siamo partiti ed eccoci qua, ancora tutti insieme”.
Francesca svela il retroscena legato alla serata d’inaugurazione: “Aprimmo il nuovo Crispi’s a luglio. Avevamo carne per circa 100 hamburger in cucina e terminarono tutti in un’ora scarsa. Venne così tanta gente che restammo sorpresi e senza materia prima. Ancora ricordo la fibrillazione di quei momenti ma anche il divertimento nel trovare i nomi dei piatti che serviamo. Sono diventati il nostro tratto distintivo e ne vado fiera: ci ho messo inventiva, fantasia oltre a un tocco di aretinità”.
Il Sofisteco, lo Gnorante e il Bordellotto, per citarne alcuni, sono entrati nel linguaggio comune di tanti aretini (e non solo), frequentatori abituali del Crispi’s e rappresentativi di tutte le fasce d’età. Ormai lo Sbonzolato è un hamburger del Crispi’s più che un aggettivo in vernacolo aretino.
Quando nel 2011 il locale cambiò veste e impostazione, il target era quasi esclusivamente composto da giovani e giovanissimi. Poi, a ritmo lento ma costante, si è allargato profondamente e oggi non è raro trovare seduti fianco a fianco teenager che festeggiano la fine della scuola e adulti in cravatta che discutono di politica.
“La carne chianina si presta perfettamente per gli hamburger – spiega Fabio. Noi serviamo solo quella IGP certificata proveniente da allevamenti garantiti e monitorati tutto l’anno. Con il Crispi’s che stava prendendo campo, nel 2013 abbiamo raddoppiato l’offerta, inaugurando il Ristoburger Easy presso il centro commerciale Al Magnifico, dove c’è la multisala. Il cinema attira sempre tanta gente ed eravamo sicuri che la nostra proposta avrebbe funzionato anche lì. Lo stile è quello del fast casual restaurant: l’impostazione di un fast food che consente di mangiare veloce ma con la qualità di un vero e proprio ristorante. Serviamo chianina IGP da allevamenti toscani, patate fritte e pollo fritto toscano lavorati artigianalmente, salse esclusive e originali di nostra produzione, che arrivano al tavolo più velocemente grazie a macchinari moderni e friggitrici altamente professionali che lavorano a basse temperature realizzando un fritto più salutare. Non a caso il nostro slogan è la qualità non è uno scherzo”.
La società che gestisce i locali è nata nel 2001 e si chiama 3F dalle iniziali dei nomi Fabio, Federico e Francesca. Nel 2023 ha realizzato un fatturato di 2,5 milioni di euro, corroborando un trend in crescita costante. I dipendenti sono una trentina: molti giovanissimi, che grazie all’ esperienza dei titolari possono accrescere le loro conoscenze o imparare il mestiere, e uno zoccolo duro che resiste nel tempo.
“I dipendenti per noi sono importantissimi, non a caso in tanti anni non abbiamo mai licenziato nessuno. Alcuni si sono messi in proprio e abbiamo conservato ottimi rapporti – conclude Federico. E’ la nostra filosofia: costruire insieme, pensare positivo, vivere sereni l’ambiente di lavoro e il rapporto con i clienti. I problemi sono altri: i costi delle materie prime, l’inflazione, i cavilli burocratici. Queste sono le preoccupazioni con cui convivere anche se ci sentiamo imprenditori realizzati e sicuramente non scoraggiati: guardiamo sempre avanti”.
E per il domani cosa c’è in progetto? Quali onde andranno cavalcate? Quali treni presi al volo?
“La lungimiranza aiuta nel capire le tendenze del momento: se anticipi troppo, fallisci. Se arrivi tardi, ti bruci. Ovviamente stiamo pensando a come rinnovarci ancora una volta ma ciò che conta davvero è l’emozione che proviamo ogni volta che una persona entra nel locale. Mi succedeva in via Arno, con il baretto improvvisato, e ci succede adesso. Fino a che questa emozione ci accompagna, noi andiamo avanti”.