Quarant’anni fa le felici intuizioni dello studioso Carlo Starnazzi legarono il quadro più famoso di Leonardo ad Arezzo
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Su “La Gioconda” di Leonardo da Vinci si spendono ogni giorno fiumi di parole in tutto il mondo. Il quadro più famoso del Louvre di Parigi e della storia dell’arte continua a essere analizzato in ogni suo millimetro per capirne l’origine, le rotte, il significato.
Era davvero Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo? Perché quello sguardo enigmatico? E perché il genio vinciano aveva con sé il dipinto quando si trasferì in Francia, alla corte di Francesco I, nel 1516?
Sono solo alcune delle domande che continuano a non trovare risposta definitiva e che alimentano il mistero della piccola tavola a olio realizzata tra il 1503 e il 1506.
Il paesaggio alle spalle della figura femminile ritratta è un altro argomento su cui gli studiosi dibattono all’infinito. Periodicamente escono articoli, saggi, dichiarazioni che indicano in quello sfondo alcuni luoghi del Valdarno e delle Prealpi, le paludi pontine, la Val Trebbia, il Montefeltro e così via. Non ce ne voglia mezza Italia se per noi l’ipotesi più convincente continua a essere quella che nel 1992 fece il giro del mondo grazie agli studi di Carlo Starnazzi, poi abbracciata con convinzione da Carlo Pedretti, allora direttore dell’Hammer Center for Leonardo Studies di Los Angeles, e da altri celebri leonardisti di fama internazionale.
Lo studioso aretino riconobbe alle spalle del capolavoro il territorio dove l’Arno riceve le acque della Chiana, identificando nelle arcate di un ponte quelle di Ponte Buriano. Bisogna infatti ricordare che, nel periodo in cui fu realizzata l’opera, Leonardo aveva da poco concluso la sua intensa attività di cartografo su incarico di Cesare Borgia, eseguendo studi e rilievi sul territorio compreso tra il Valdarno Superiore e la Val di Chiana tra l’estate 1502 e la primavera 1503. Il paesaggio aretino era dunque una memoria fresca per il genio toscano.
“Nel periodo in cui fu realizzata l’opera, Leonardo aveva da poco concluso l’attività di cartografo sul territorio aretino”
Da allora sono passati quarant’anni. I proficui studi del professor Starnazzi furono interrotti dalla prematura scomparsa nel 2007, ma quattro anni dopo venne inaugurato nella ex chiesa di San Sebastiano, ad Arezzo, il Museum Leonardo e l’aretino, fortemente voluto dalla famiglia dello studioso e sostenuto dai finanziamenti di Provincia di Arezzo e Fondazione Monte dei Paschi, che dal 2016 ha trovato la sua nuova e miglior sede proprio a Ponte Buriano.
Si tratta di una mostra permanente multimediale nata sotto l’egida di Carlo Pedretti, direttore e curatore scientifico del progetto iniziale, che oggi ha come responsabile scientifico Michele Tocchi.
Il museo custodisce il lavoro ventennale di Carlo Starnazzi sui legami tra Leonardo e il territorio aretino. È pensato come un centro di documentazione ma allo stesso tempo vuole essere un luogo di ricerca, con l’intento di dare continuità a quelle indagini riconosciute a livello mondiale ma rimaste interrotte per la morte del professore.
Il museo ha una valenza didattica e interdisciplinare. Comprende materiale fotografico, videografico, cartografico, riproduzioni tridimensionali e reperti. Ci sono itinerari che attraversano le valli aretine e non solo. Inoltre sono concepiti percorsi per livelli di età, su pannelli multilingue e su touch screen in italiano e inglese, utili a stimolare la curiosità di grandi e piccoli e invitare ad andare sulle tracce di Leonardo direttamente nei luoghi citati.
All’ingresso della sede, ricavata da una ex scuola, il visitatore può consultare la biografia e la bibliografia completa di Starnazzi e osservare “I luoghi di Leonardo”, ovvero una mappa con gli itinerari aretini leonardeschi. A seguire c’è “Leonardo e il Tempo nell’aretino”, un percorso storico per documentare la presenza dell’artista nel territorio, che introduce la mostra permanente vera e propria, suddivisa in due macro-sezioni.
La prima riguarda l’attività cartografica e pittorica di Leonardo e comprende sezioni e sottosezioni. I fili conduttori sono “La rappresentazione cartografica del paesaggio toscano”, “La Gioconda e il suo paesaggio”, “La Madonna dei Fusi e il paesaggio del Valdarno Superiore”. È ammirabile anche la ricostruzione digitale della zona e una postazione interattiva per evidenziare la quasi perfetta coincidenza tra lo scenario attuale di Ponte Buriano e quello alle spalle di Monna Lisa.
La seconda sezione prende in esame le invenzioni, i progetti di meccanica, fisica, idraulica e architettura del genio vinciano e include: “Il Trasimeno e le Chiane nei sogni dell’ingegnere idraulico”, “Leonardo e la cupola di Santa Maria delle Grazie al Calcinaio di Cortona”, “Anghiari, Leonardo e la Battaglia” e “Leonardo in Casentino”.
A ribadire il rapporto di Ponte Buriano con il genio rinascimentale, nel 2019, cinquecentenario dalla morte di Leonardo, fu collocato a breve distanza dal ponte romanico un busto di marmo dell’artista scolpito da Moreno Fossati.