E domani come sarà? Come affrontare il post coronavirus? Ecco la risposta di Beppe Angiolini, imprenditore nel campo della moda con il marchio Sugar
Prima di tutto, oggi, dobbiamo pensare al bene comune, che in questo momento è rappresentato dalla salute pubblica, e all’affetto vero di cui siamo ancora capaci.
Un pensiero forte anche a chi combatte in prima linea (medici, infermieri, personale sanitario), alla protezione dei nostri anziani e, purtroppo, a tutti quelli che non ce l’hanno fatta.
Pensando al futuro invece, ho parlato con un mio vecchio amico che nella vita fa il professore al liceo classico: la prima lezione che ha dato online riguardava il verbo greco “kryno”, da cui deriva la parola “crisi”, quella che stiamo vivendo. “Bene – mi ha aggiunto – questo verbo significa scegliere, avere un’opportunità”. Crisi e opportunità.
Vedo il disastro di uno stop prolungato per chi produce e chi vende. Vedo che nel decreto “Cura Italia” la politica si è completamente dimenticata del settore moda, ma poi sono orgoglioso di appartenere a un mondo dove da Armani a Gucci, a Prada, dalle piccole alle medie e piccolissime imprese, tutti hanno riconvertito la loro produzione in camici e mascherine per la sanità, eroicamente in prima linea. Tutti insieme. Grande prova: il “nessuno si salva da solo” come nella bellissima solitaria preghiera del Papa a San Pietro.
E il futuro, che mi auguro molto vicino? 1 – abbiamo imparato a non denigrarci e ad essere orgogliosi di noi stessi; 2 – si è rafforzato in noi il senso di solidarietà e responsabilità: non siamo una somma di individui, ma una comunità; 3 – nelle immagini delle città vuote, aldilà dell’angoscia, abbiamo riscoperto la grande bellezza del nostro Paese e abbiamo più voglia di difenderla. Stesso discorso vale per l’ambiente.
E allora la moda?
Credo che i negozi diventeranno sempre più luoghi di incontro tra le persone, non solo clienti e committenti, dove si eserciterà sempre più il rispetto per oggetti che significano idee e lavoro.
Del resto non troppo tempo fa Anna Wintour sottolineava che gli abiti vanno scelti, amati, conservati e, perché no?, tramandati. Detto questo, avrà importanza se metteremo in vetrina collezioni di due stagioni? Forse, in futuro, molto meno.
Queste giornate senza adrenalina ci hanno costretto a riflettere. Credo che chi produce, vende o compra, abbia un comune denominatore: rispetto, responsabilità, onestà intellettuale e professionalità. Parole che non saranno più di moda ma la “MODA”.