L’Acquedotto Vasariano di Arezzo è una mirabile opera di ingegneria idraulica che da oltre quattro secoli caratterizza la città nella sua parte a nord-est.
Agli inizi del Cinquecento l’acquedotto medievale di Arezzo era ridotto in pessimo stato. Intorno al 1560 la Fraternita dei Laici, a sue spese, decise di realizzarne uno nuovo affidando il progetto al grande architetto e pittore Giorgio Vasari, a cui si devono i primi studi di fattibilità.
Nel 1574 Vasari morì, lasciando tutto in stato embrionale. Nel 1590 i rettori della Fraternita dei Laici, con il benestare del granduca Ferdinando I° dei Medici, incaricarono l’architetto Raffaele Pagni di riprendere in mano il progetto. L’autorizzazione ufficiale a costruire il nuovo acquedotto, finanziato con 120.000 scudi, arrivò nel 1593. I lavori andarono avanti alcuni anni e furono conclusi nel 1603 dall’architetto Gherardo Mechini.
Il progetto finale consiste in due zone sotterranee e una parte esterna. La prima fase comprende una galleria filtrante, dove le acque vengono canalizzate per raggiungere l’area bassa della collina di San Fabiano attraverso un percorso in lieve pendenza.
A est della città, immerse nella natura, si ammirano le conserve, ovvero depositi con copertura a botte che fungono da punti di raccolta e purificazione per le acque convogliate, che da qui iniziano il loro viaggio verso Arezzo. Assieme alla “conserva grande” e alla “conserva piccola”, si osservano anche i pozzi d’aerazione detti “smiragli”.
Poco oltre la medievale Torre di Gnicche inizia la fase esterna, fatta di 52 arcate monumentali utili a sostenere la condotta pensile fino ai piedi della collina di San Donato, dove sorge la Fortezza Medicea.
A quel punto l’itinerario dell’acqua torna sottoterra attraverso una galleria che sfocia nella parte inferiore di Piazza Grande, andando ad alimentare un’elegante fontana. È la tappa conclusiva di una delle più affascinanti opere idrauliche dell’intera Toscana.