Vendicò un affronto con un regalo alla città. La telefonata a Berlusconi, il particolare incontro col maestro Muti e il concerto dell’orchestra filarmonica della Scala nella basilica di San Francesco. divoratore seriale di libri, Luigi Lucherini ha dedicatola vita a sfoggiare la sua aretinità
Il telo bianco che nascondeva i dipinti venne abbassato in vista della grande serata. Il maestro Muti, intento nelle prove, si bloccò di colpo. Piccolo di fronte alle figure che animano la cappella Bacci, alla grandezza di Piero della Francesca, si perse per infiniti attimi nell’ammirazione. “Poi, con la voce rotta dall’emozione mi disse ‘E’ il più bel palcoscenico nel quale abbia mai avuto l’onore di esibirmi’. Sorrisi d’orgoglio ma a me non diceva niente di nuovo”. Luigi Lucherini, classe 1930, tecnico nel campo dell’ingegneria civile, dell’urbanistica, dell’architettura e del design industriale, titolare di uno studio associato con 20 professionisti che ha affidato ai figli nel 2000, è stato eletto due volte sindaco di Arezzo. Fu durante il suo primo mandato che gli affreschi della cappella Bacci a San Francesco furono restaurati a cura di Banca Etruria e restituiti alla città e al mondo intero. “Ma durante la cerimonia pubblica di presentazione, mi fu negato il discorso previsto dal protocollo. Parlarono D’Alema, la Melandri e altri membri del Governo ma io, che ero il primo cittadino di Arezzo, non venni invitato sul pulpito e, quando mi alzai per dire due parole, un addetto portò via il microfono. Non dissi una parola. Decisi di vendicare l’affronto facendo un regalo alla città. Uno di quelli che forse solo io avrei potuto ottenere. Chiamai Silvio Berlusconi, mio amico da anni, gli raccontai l’episodio e gli presentai la mia richiesta: un concerto dell’orchestra filarmonica della Scala, diretta dal maestro Riccardo Muti, nella basilica di San Francesco”. Non fu certo facile organizzare l’evento. Nonostante la disponibilità dell’orchestra e di Muti, che offrì la sua prestazione gratuitamente, fu necessario trovare gli sponsor che potessero coprire le spese di 80 musicisti, ospiti di Arezzo – ci pensò la Mercedes Benz – e studiare, nel dettaglio, ogni disposizione nel luogo sacro. Ma, in poche settimane, Lucherini riuscì ad allestire il concerto. E la magica serata fu un successo. “Pensare che l’incontro con Muti non fu proprio dei migliori. Sicuramente fu memorabile. Entrando in chiesa, avvolto nel lungo mantello, inciampò su un copricavo e finì a terra insieme alla nevicata di fogli che componevano il suo enorme spartito”. Grande sportivo Luigi Lucherini, divoratore seriale di libri. Ne ha oltre 1500 nella sua collezione, di ogni genere. Fin da giovane amava l’architettura, ispirato dalle opere del grande Frank Lloyd Wright. Capì la strada che avrebbe voluto percorrere e ripose nel cassetto il sogno da medico. Che non era il suo. “Mio padre era convinto che in famiglia dovessero esserci un ingegnere e un medico. Mio fratello frequentava già la facoltà di ingegneria a Bologna e a me, secondogenito, toccò medicina. Inutile dire che non andavo entusiasta di questa imposizione. Credo sia stato non il primo ma il mio secondo svenimento durante una lezione all’obitorio a convincere i miei che forse non era la mia futura professione. Seguii così le orme di mio fratello”. Laurea in ingegneria elettrotecnica all’università degli studi di Pisa con specializzazione in elettronica, Lucherini si è dedicato all’architettura come libero professionista ottenendo grandi risultati anche all’estero. Ha costruito sontuosi hotel in Kenya, negli Emirati Arabi, nelle grandi metropoli europee. Sua persino la prestigiosa ambasciata dell’Arabia Saudita a Il Cairo. Per tutta la vita si è dedicato a sfoggiare la sua aretinità. “Mi infastidisce sentir dire ‘abito vicino Firenze’. Io sono di Arezzo e sono orgoglioso della storia trimillenaria, del folclore, della cultura e delle tradizioni della mia città. Troppo a lungo, per cinque secoli, gli aretini sono stati calpestati e depredati. La Fortezza medicea ha le bocche da fuoco puntate in direzione della città, non a difesa della stessa da aggressioni esterne. Servivano a tenere schiavi i cittadini, non a proteggerli. Il comune ha faticato a sviluppare l’orgoglio aretino”. A 34 anni fu accolto nel Lions club di Arezzo come membro numero 23. E furono proprio 23 le persone che si fecero carico del restauro della Maddalena. Le opere durarono oltre un anno. “La forza dello sguardo, fiero e sereno, di Maria Maddalena fu la nostra ricompensa”. A 89 anni, trascina una valigia carica di aneddoti, importanti esperienze e ambiziosi traguardi. E, dopo aver percorso le strade del mondo, ogni volta che può, l’ingegnere si concede una rilassante camminata nella parte più antica del centro. Preferibilmente di sera, ascoltando il rumore dei suoi passi. “La bellezza si trova ovunque. Ma sempre ci sarà un luogo che riuscirà a riempirti davvero sia gli occhi sia il cuore. Per me è Arezzo, casa mia”.