La Valtiberina è da sempre fucina di grandi interpreti della musica lirica, e Noemi Umani, soprano classe 1993, è una delle giovani artiste che sta portando lustro alla vallata con la sua voce straordinaria. Nata ad Arezzo e cresciuta tra Anghiari e Sansepolcro, Noemi ha iniziato a cantare fin da piccola, incoraggiata dalla sua famiglia. A 14 anni ha cominciato a cantare con la Compagnia dei Ricomposti di Anghiari, che interpreta il canto popolare. La sua insegnante, la mezzosoprano Giulia Dal Maso, ha subito intuito che aveva le giuste qualità per cimentarsi nel genere lirico. Così, Noemi ha preparato l’esame e a 17 anni è entrata al conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze, dove si è diplomata nel 2016.
Il debutto di Noemi sul palcoscenico è avvenuto lo stesso anno al teatro “Alessandro Bonci” di Cesena, dove ha interpretato il ruolo della contessa ne “Le Nozze di Figaro” di Mozart, sotto la direzione del maestro Claudio Desideri. Nonostante l’emozione, Noemi ha ottenuto un gran successo e da quel momento, la sua carriera ha iniziato a decollare. Successivamente ha frequentato accademie prestigiose e preso parte a vari concorsi, vincendo il primo premio del concorso lirico internazionale di Spoleto, nel 2017.
Attualmente è impegnata con la scuola di musica di alto perfezionamento di Fiesole, assieme al soprano Patrizia Ciofi. Nonostante la giovane età, Noemi Umani è già considerata una professionista nel mondo della lirica e rappresenta una delle voci più promettenti del panorama nazionale. L’abbiamo incontrata per ripercorrere i momenti salienti della sua formazione artistica e umana.
Com’è nata la passione per la lirica?
Ho sempre amato il canto e la musica, ce l’abbiamo nel dna in famiglia, ma la lirica non l’avevo mai approfondita in gioventù. A 14 anni, insieme ad un’amica, iniziai a prendere lezioni: il mio maestro di allora, responsabile del coro cittadino, consigliò ai miei genitori di indirizzarmi verso un percorso di formazione più strutturato. L’incontro con Giulia Dal Maso è stato in questo senso fondamentale: fu lei a suggerirmi di puntare sulla lirica, facendomi scoprire un mondo che fino a quel momento era per me sconosciuto. Un mondo avvolgente e suggestivo dal quale, una volta entrati, non si esce più.
Qual è stata la scintilla che ha fatto scattare l’amore?
Appena intrapreso il percorso non ero ancora ben consapevole del legame indissolubile che di lì a poco sarebbe nato. Sono entrata in conservatorio e studiando giorno dopo giorno ho perfezionato la mia tecnica. Il primo vero momento di ‘presa di coscienza’ c’è stato quando ho iniziato a studiare l’Ave Maria dell’Otello di Verdi. Cantandola e ricantandola, mi sono convinta tutto ad un tratto che la lirica poteva e doveva essere la mia strada nella vita. Le emozioni che questa cosa mi regalava erano davvero potenti, tanto che le riportai anche in un piccolo quaderno dove annotavo i pensieri e le sensazioni che provavo in quel periodo. È stato un segnale importante e sono davvero felice di averlo seguito.
Nel tuo settore ci sono tante persone che per vari motivi non riescono a raggiungere i grandi palcoscenici. Ci sono stati momenti di crisi o paura di non farcela?
Ci sono continuamente! (ridendo ndr) Se si vuole raggiungere il massimo livello ci sono molti aspetti da tenere in considerazione. Ad esempio, questa disciplina ha una componente oggettiva, ma anche soggettiva: a volte ci sono maestri che giudicano un lavoro in maniera più che positiva, ed altri che sembrano volerti dire che hai ancora molto da studiare. Certo, non si può piacere a tutti, però ci sono tante persone e artisti bravissimi che avrebbero meritato di più. È un percorso molto duro dove ci si mette continuamente in discussione e non sempre, per un motivo o per l’altro, si riesce a raccogliere tutto quello che si semina.
Qual è stata fin qui la tua più grande gratificazione artistica?
Ci sono stati due momenti che reputo emotivamente molto intensi. Il primo è stato il mio debutto con “Le Nozze di Figaro” nel 2016 al Teatro Bonci di Cesena. Cominciavo a cantare dall’inizio del secondo atto, avevo aspettato tutta la fine del primo ed ero emozionatissima. Alla fine sono riuscita a superare il blocco e ad esibirmi. Fortunatamente il pubblico ha gradito e per la prima volta ho ricevuto degli applausi per aver cantato un’opera lirica: questo ricordo rimarrà sempre fortissimo dentro di me. Altro momento bellissimo, e proprio recente, è stato a Rimini con “La Traviata” al Teatro Galli. Un’opera che avevo già cantato in altre due occasioni, l’ultima nel 2019. Interpretare nuovamente questo ruolo, a distanza di tempo, mi ha fatto rivivere alcuni momenti molto intensi del mio percorso. Mi sono sentita cresciuta, ho sentito una differenza importante nel personaggio che interpretavo ed è stato bello.
Quando ti rivedremo a teatro?
Per Pasquetta, il 10 aprile, canterò a Torre del Lago Puccini le 16 arie da camera di Puccini. Un evento abbastanza particolare, che si svolgerà proprio a pochi metri dalla sua abitazione. Ad agosto andrò in Giappone per la prima di un’opera che si intitola “Dodici anni dopo”, sequel di “Cavalleria Rusticana”, dove interpreterò il personaggio di Santuzza. Da qui ne verrà ricavato anche un’opera-film, per la quale ho già inciso l’audio, che sarà distribuita in vari Paesi.
Cosa ti senti di consigliare ai giovani artisti che stanno muovendo i loro primi passi nella lirica?
La cosa che suggerisco è di essere sempre sé stessi e di affrontare questo percorso senza snaturarsi. Faccio un esempio. Nell’arco degli anni si collabora con diversi maestri e ognuno di loro ha una visione molto soggettiva dell’allievo: all’inizio sono stata scambiata per mezzosoprano, poi dopo due anni ho iniziato a fare la soprano, e poi di nuovo mezzosoprano, e via così fino a tornare soprano. È un’esperienza che ho riscontrato in quasi tutti i colleghi e che ti crea un forte disagio, perché improvvisamente non riesci più a capire cosa sei, e se trovi persone insistenti c’è il rischio di rovinare delle carriere. Arrivati ad un certo momento si è molto consapevoli di sé stessi, e quindi dobbiamo insistere su quello che in realtà vogliamo essere per evitare percorsi sbagliati. Inoltre suggerisco di iniziare subito ad approcciarsi a questa disciplina in modo totalizzante: la tua personalità artistica si deve legare molto alla tua vita, deve essere un tutt’uno con la tua quotidianità. Io l’ho fatto ed oggi non riesco ad immaginare la mia vita senza questo mondo.