Cresciuta nelle campagne di Castiglion Fiorentino, laureata a Firenze, Susanna Rosi abita negli Stati Uniti da ormai 20 anni. Neuroscienziata, si occupa di declino cognitivo e studia il ringiovanimento cellulare: “in Valdichiana le origini della mia resilienza”
Susanna Rosi è una donna che porta in alto il nome di Castiglion Fiorentino: nata in una umile famiglia di contadini della Valdichiana, è cresciuta in campagna. Figlia più piccola, è stata coccolata dai genitori e dai due fratelli maggiori, che tutt’oggi sono punti di riferimento importanti nella sua vita.
“Ho trascorso l’infanzia e l’adolescenza tra i campi, la vita di campagna è semplice, faticosa e soddisfacente. Ricordo l’aia piena di animali da cortile che mamma curava con grande attenzione e l’orto che babbo coltivava con passione. Da entrambi ho imparato il sacrificio e il rispetto per la terra. L’estate non andavamo al mare ma da buoni contadini ci preparavamo per l’inverno preparando la passata di pomodori. Quelle giornate spese a lavorare con i miei genitori sono i ricordi più belli in assoluto che conservo”.
Dopo il liceo, si trasferisce a Firenze per iniziare gli studi di biologia all’Università nel Dipartimento di farmacologia sotto la guida del professor Pepeu. Susanna inizia a studiare i meccanismi dell’invecchiamento del cervello.
Da lì come è arrivata in America?
“Grazie proprio al professor Pepeu che mi propose una posizione di ricercatore all’Università dell’Arizona, a Tucson. Era un’opportunità incredibile e ne fui lusingata. Non esitai e accettai la proposta con l’idea di restare in America un paio di anni… e invece, dopo venti anni sono ancora qua”.
Terminata l’esperienza in Arizona, Susanna si è spostata in California, dove ha ricoperto la posizione di direttrice del Dipartimento di ricerca neurocognitiva all’Università di San Francisco. Qui ancora oggi è professoressa di neuroscienze e nel frattempo si è unita ad una start-up della Silicon Valley dedita allo studio del ringiovanimento cellulare.
Quindi è partita con la biologia e si è appassionata ai meccanismi relativi all’invecchiamento del cervello. Oggi di cosa si occupa nello specifico?
“Mi occupo di neuroscienze, in particolare di perdita delle memorie. I nostri ricordi ci permettono di essere noi stessi, di riconoscere le persone care, le persone che abbiamo incontrato nel corso della vita, i luoghi in cui viviamo. Possiamo dire di essere fatti di memorie, e quando le perdiamo, smarriamo anche noi stessi. Insieme al mio team, studio i meccanismi responsabili della perdita della memoria come conseguenza dell’invecchiamento, di un trauma cranico, della radioterapia, o dell’esposizione alle radiazioni cosmiche dello spazio profondo”.
Gli studi di Susanna e del suo team sono proprio incentrati su questo, perché solamente riuscendo a comprendere i meccanismi del declino della memoria, si possono trovare soluzioni concrete per curarlo. Per il momento il gruppo di lavoro è riuscito a capire come fermare le conseguenze di danni cellulari sugli animali, il prossimo step è ripetere lo stesso procedimento sugli umani.
Da molti anni collabora anche con la Nasa, in quali aspetti?
“Per capire gli effetti delle radiazioni profonde sul cervello, perché la Nasa sta preparando la missione su Marte che durerà tre anni. Si tratta, come si può immaginare, di una missione che porta con sé tanti ostacoli, quindi dobbiamo essere pronti. Oltre alle limitazioni ingegneristiche ci sono anche gli aspetti fisiologici degli astronauti e io mi occupo proprio di questo”.
Susanna spiega che finché ci troviamo sulla Terra o a bordo della stazione spaziale internazionale, le radiazioni dello spazio profondo non possono danneggiare i neuroni perché la magnetosfera terrestre in qualche modo ci protegge, ma quando si esce da questa area protetta…
“Le radiazioni cosmiche sono potenti e penetranti, e ancora non ci sono adeguati sistemi di protezione. Per questo la Nasa vuole riuscire a capire quanto queste radiazioni, combinate ad altri fattori di stress come l’assenza di gravità e la distanza dalla Terra, influiscano sulle capacità cognitive degli astronauti. Abbiamo fatto diversi studi in merito all’argomento e abbiamo scoperto che essere sottoposti a radiazioni cosmiche, causa deficit cognitivi della memoria e dell’apprendimento”.
Lei è cresciuta in Valdichiana, immagino che la sua vita negli States sia molto diversa: è legata al suo territorio di origine?
“Sono due decenni che vivo oltreoceano ma rimango molto legata alla mia terra, dove torno ogni anno. Lì sono le mie origini, le mie radici, la sorgente della resilienza che mi ha permesso di partire, di crescere, di emanciparmi seguendo una carriera accademica e di ricerca prestigiosa. Per me tornare a casa è una necessità essenziale che mi dà l’energia e lo stimolo per ripartire e per proseguire e perseverare nella mia missione per salvare le memorie. Qui sto benissimo, ma so che prima o poi tornerò a vivere in Valdichiana.”