La Fortezza Medicea di Arezzo è oggi uno dei principali contenitori culturali cittadini. Luogo privilegiato anche sul fronte dell’arte contemporanea, l’architettura militare cinquecentesca ribadisce questa sua nuova vocazione con una delle mostre più intense della seconda meta della 2023, “Lettere al blu” di Raffaello Lucci, aperta fino al 22 ottobre negli antichi depositi recuperati tra il Bastione del Soccorso e il Bastione della Chiesa.
L’evento espositivo organizzato dalla Fondazione Guido d’Arezzo, in collaborazione con il Comune di Arezzo, presenta una selezione di opere del maestro aretino, attivo fin dagli anni Settanta.
Lucci inizia la sua carriera da autodidatta, studiando e sperimentando la tecnica incisoria dell’acquaforte, della pittura a olio e facendo pratica del disegno dal vero attraverso le copie e gli studi dei grandi del Rinascimento. In seguito sperimenta le tecniche dell’acquarello e della litografia su zinco e su pietra. In questo contesto ha l’opportunità di lavorare accanto a grandi maestri internazionali.
Dai primi anni Ottanta inizia a esporre in mostre, sia in Italia sia all’estero, e partecipa a concorsi internazionali di ex libris e grafica in generale. Dal 1986 propone lavori sempre più indipendenti, eseguiti con tecniche miste, proseguendo nella sua indagine personale che attraversa una fase figurativa legata al sociale, per giungere a opere dove il disegno è segno o lacerazione e l’espressività è resa dalla materia e dal colore.
La sua ricerca lo ha portato all’attuale cifra stilistica, fondata su un linguaggio astratto-informale, che coinvolge anche la parola scritta come elemento segnico-simbolico. Un personalissimo astrattismo lirico, che colloca Raffaello Lucci tra i principali maestri toscani contemporanei.
Come scriveva anni fa l’indimenticata soprintendente di Arezzo Anna Maria Maetzke, estimatrice del pittore, quelli di Lucci “sono colori purissimi ottenuti con la sua esperienza di chimico, che gli consente di mantenere sulla tela l’assoluta purezza e la luminosità delle terre naturali, che è capace di usare senza che siano alterate dalle usuali tempere od oli, come normalmente succede. Questi colori, nei loro rapporti felicissimi, rendono le sue composizioni capaci di una straordinaria suggestione, direi che fanno sognare e sollecitano così l’osservatore a soffermarsi a lungo davanti a ogni quadro, per entrare nel mondo di profonda spiritualità dell’artista”.
Il titolo della nuova mostra, “Lettere al blu”, prende spunto da una profonda riflessione. “Una sera, prima che le stelle comparissero dalle loro incredibili distanze, mi sono trovato a immaginare che l’universo fosse di quel colore – racconta Lucci. – In quell’istante concessomi su un davanzale della Terra, in un’emozione di quiete, ho compreso che proprio a quel blu profondo di mistero e di silenzio sono rivolti i miei lavori ,come domande e risposte tentate, in fondo esiti del mio cercare”.
Gli ambienti recuperati della Fortezza Medicea diventano per Lucci “rifugi del tempo”, allestiti per guidare il visitatore verso un’intima comprensione di ogni opera e parola in mostra. Le pareti di pietra dei depositi divengono le tele del’artista aretino, l’ispirazione per esprimere il suo sentire.
In “Lettere a blu”, inoltre, per la prima volta una mostra di Lucci dialoga con il sito e il canale youtube del pittore, dove alcune opere sono diventate anche contenuto digitale, portando la fruizione verso un nuovo piano sensoriale. Le proiezioni dei video nel muro nella terza sala consentono però ai lavori di affrancarsi da internet e tornare nel reale.
“Questo luogo, offertomi dal tempo e dal passo delle cose, permette la visione e l’ascolto del percorso omonimo, tracciato e affidato ai pixel del web – spiega il pittore. – In una osmosi reversibile, dal virtuale alle pietre e viceversa, il visitatore può seguirne i passaggi e incontrare, come stazioni di snodo, momenti che ne hanno caratterizzato e determinato lo sviluppo”.
Nei quattro ambienti comunicanti in cui si espande la mostra si parte dal figurativo e dalla guerra come fallimento della scienza, si incontrano pensatori fondamentali per la poetica di Lucci come Camus e Proust, si osserva la storia antica della terra aretina che incrocia l’eterno e l’inconoscibile. Il percorso espositivo è un movimento sinuoso che coincide con il movimento vitale dell’uomo assetato di sapere. Nell’ultima sala la parola “where” non è più una domanda ma l’affermazione di un “dove” universale, perché il luogo non è esclusivo ma appartiene a tutti coloro che vogliono viverlo.
“La più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero. Sta qui il seme di ogni arte, di ogni vera scienza. L’uomo per il quale non è più familiare il senso del mistero che ha perso la facoltà di meravigliarsi e umiliarsi davanti alla creazione, è come un uomo morto o almeno cieco”.
Questa nota riflessione di Albert Einstein è forse il cuore più profondo di “Lettere al blu” di Raffaello Lucci, una mostra presentata ufficialmente lo scorso 6 settembre dallo storico dell’arte Carlo Sisi, da visitare lentamente, in silenzio, con il desiderio di lasciarsi meravigliare.