L’Osteria Giardino di Piero sorge nel cuore di Sansepolcro, a due passi dalla casa natia del maestro della Resurrezione. La proprietà è di Aboca, leader nei prodotti naturali per la salute, la cui filosofia finisce nel piatto: materie prime d’eccellenza, certificate biologiche, lontano dalla chimica e dagli Ogm. spiega la manager Paola dindelli: “Puntiamo su territorio e tradizione. Chi l’ha detto che tutto ciò che è buono fa male?”
Il rinascimento sensoriale procede per sottrazione. La ricerca della verità è un processo di spoliazione, nel piatto come in un affresco. E se Piero pose nell’essenzialità geometrica le fondamenta della sua arte sublime, il ristorante che oggi sorge sotto la sua casa parte dall’eccellenza (e salubrità) della materia.
A Sansepolcro, Piero della Francesca è nell’aria, ma non ingombra. Misurato, anche postumo. A lui è dedicata l’area verde che si affaccia in via Niccolò Aggiunti, che taglia in alto il cuore antico del Borgo, posto in direttrice NordOvest/SudEst. Qui si erge la dimora del maestro, che dal mezzo del giardino – nella forma d’una statua ottocentesca – veglia sui luoghi che furono suoi. Ed è sempre qui, al civico 98b, che – omaggio al suo genio – sorge l’Osteria il Giardino di Piero.
Le redini sono in mano alla manager Paola Dindelli, la proprietà è di Aboca – leader di prodotti naturali per la salute – che, proprio accanto, nelle suggestive sale del Palazzo Bourbon del Monte, ha allestito un affascinante Museo delle erbe officinali. Unico nel suo genere, presenta due percorsi: quello “Erbe e salute nei secoli” tra preziosi erbari, libri di botanica farmaceutica, antichi mortai, ceramiche e vetrerie d’epoca, e quello futuristico-interattivo denominato “Aboca experience”, che offre ai visitatori un approccio all’avanguardia, per riflettere su innovazione scientifica, cura dell’uomo, biodiversità e sostenibilità ambientale.
E in linea con la filosofia del gruppo, l’osteria si propone di offrire il meglio nel piatto, ma senza artifici, né infingimenti. Cercando di sfatare il grande tabù della tavola: “tutto ciò che è buono fa male”. Non solo, il locale, senza voler togliere nulla alla categoria dei cuochi, intende emanciparsi dalla firma dello chef. Mica scontato, nell’epoca delle superstar ai fornelli. “Ogni nostra energia – spiega Paola Dindelli – è tesa alla realizzazione di pietanze gustose ma semplici, figlie della nostra tradizione. Fondate però su materie prime d’eccellenza, con filiera più che certificata, lontane dall’alterazione di sostanze chimiche o geneticamente modificate”.
Concetti già sentiti, forse; allora, cosa c’è di diverso all’Osteria di Piero? Il metodo infallibile di controllo che il ristorante ha adottato, potendo muoversi nel perimetro di Aboca: “essere” la filiera. Per la pasta fresca, ad esempio, il locale attinge da un laboratorio di proprietà che usa solo farine e uova biologiche. “La nostra specialità? Sono i cappelletti”, aggiunge Paola. E poi: tagliatelle, agnellotti, ravioli e i bringoli, immancabili da queste parti.
Un capitolo a parte merita il racconto delle carni. “Sono la nostra forza: la certificazione biologica è il punto di partenza, la massima qualità è l’aspirazione verso cui tendere. E possibilmente a chilometro zero. Come bovini, usiamo soltanto razza Chianina, come suini solo la razza Nera, originaria dei Nebrodi e allevata nei boschi di Aboca”. Il pollame è biologico, proveniente solo da allevamenti della zona. E gli insaccati? “Esclusivamente da carni di razza Cinta Senese o Suino Nero dei Nebrodi”, continua Paola. Che sottolinea: “Oltre a gusto e salute, scommettiamo sulla tradizione, come deve essere in un’osteria toscana. Diciamo che nei nostri piatti c’è un 90% di legame col passato e un 10% di innovazione. Ad esempio, prestiamo grande attenzione a materie dimenticate come il quinto quarto, per proporre trippa e lampredotto”. E poi: crostini neri, che hanno impresso il marchio toscano, ortaggi e frutta bio e della zona. Tra i contorni in carta ci sono i tradizionali fagioli zolfini al fiasco.
Capitolo formaggi: pecorini, caprini e bovini provengono solo da pastori del territorio che non usano mangimi contenenti organismi geneticamente modificati (Ogm). In alcune preparazioni è prevista la presenza di Parmigiano Reggiano e viene usato soltanto quello certificato biologico.
Completando la panoramica sulle materie prime, per quanto riguarda il sale da cucina, “viene utilizzato solo quello depositato dai mari circa 250 milioni di anni fa, alle pendici dell’Himalaya.La caratteristica di questo sale è di ottenere la necessaria sapidità con circa la metà di cloruro di sodio, grazie al contenuto di altri sali minerali preziosi per la nostra salute”, spiegano dall’Osteria. Zucchero e dolcificanti? “Sono utilizzati solo prodotti naturali biologici quali zucchero di canna, miele e stevia rebaudiana”.
E se forse la tagliata di Chianina è l’asso formidabile da calare, l’Osteria il Giardino di Piero punta forte anche sui dolci per concludere adeguatamente il pasto. Nel nome della tradizione, ovviamente tra deliziose porzioni di zuppa inglese, cantucci e vin santo. E a proposito di vino, la carta è focalizzata sulla Toscana, con un occhio di riguardo a prodotti biologici e naturali.
L’obiettivo del locale è stupire le papille gustative, ma l’occhio vuole la sua parte. Il ristorante è stato ristrutturato recentemente e arredato secondo il gusto di Rosetta Del Bene, moglie di Valentino Mercati, patron di Aboca. Sale ampie ed eleganti dentro, doppia veranda fuori. E dopo l’emergenza Covid, la struttura si è allargata fin dentro il Giardino di Piero, con tavoli esterni e gazebo.
Già, il coronavirus: nonostante la chiusura forzata durante il lockdown e la ripartenza complicata (ma in estate c’è stato un boom), “nessuno dei 14 dipendenti dell’osteria è stato messo in cassa integrazione, potendo lavorare con altre mansioni all’interno del gruppo Aboca”, aggiunge la manager. Ma il Covid qualche novità l’ha portata, come la scommessa sull’attiguo negozio di gastronomia, la “Bottega” dove poter comprare prodotti di altissima qualità targati Osteria Giardino di Piero: come le paste fresche, gli eccelsi insaccati, i ragù bianchi e rossi, le lasagne e gli sformati, le carni fresche (fegatelli di Suino Nero, fettine, magro e medaglioni) e poi le bottiglie di vino (bio, naturali e del territorio) e i dolci appena sfornati quali torte al cioccolato, alla ricotta e crostate.