Quaranta edizioni corse con Sant’Andrea, 12 lance d’oro, 16 volte sul centro. Uno dei giostratori più bravi di sempre dice stop e il mondo del Saracino, unanime, lo applaude. Il legame con Peter Pan, le litigate con i rivali, le gioie e le delusioni, le vittorie e le sconfitte: ricordi e aneddoti di un’epoca che si chiude
Il quartiere di Porta del Foro, con una nota firmata dal rettore e dal consiglio direttivo, l’ha definito “l’anello di congiunzione tra i grandi del passato e i protagonisti del Saracino attuale”. Adalberto Rauco di Porta Crucifera, l’avversario che gli ha sfilato la vittoria nell’ultima volta in piazza, gli ha reso merito come “uomo di cavalli e punto di riferimento per tutti i giostratori”. Gianmaria Scortecci di Porta Santo Spirito, rivale ma soprattutto amico fraterno, ha confessato che avvertiva “un brivido di timore” quando lo vedeva andare verso il pozzo, “oltre allo stimolo a dare il massimo per vincere contro il più forte”. E poi le parole dolci dell’araldo e del maestro di campo, oltre che di tanti quartieristi, divisi dai colori del cuore e accomunati dal rispetto per un grande che esce di scena.
Enrico Vedovini, per vent’anni protagonista sulla lizza con Porta Sant’Andrea, ha detto stop. Tra pochi giorni compirà 46 anni e, nonostante la forma fisica invidiabile, per lui non è più tempo di Giostra. Una decisione sofferta ma che era nell’aria da qualche mese e che in cuor suo aveva preso da un po’.
I numeri rendono merito a uno dei giostratori più bravi di sempre: quaranta edizioni corse, 12 lance d’oro conquistate, 16 volte sul centro, 31 volte sul IV. Una sola volta ha perso la lancia, a giugno di quest’anno, nell’ultima domenica in sella: la vittoria era praticamente andata, serviva un gesto estremo, una botta di fortuna. Vedovini ha colpito la V ma è dovuto passare a pochi centimetri dal buratto, che l’ha disarmato.
L’applauso della piazza ha reso meno cocente la delusione ma non ha cambiato le prospettive per il futuro. E alla scadenza del contratto con Sant’Andrea, nonostante il nuovo consiglio gli avesse proposto di restare, Enrico Vedovini detto Ucellino ha confermato il passo indietro.
Il suo addio chiude un’epoca per diverse generazioni di appassionati. Per i biancoverdi è stato un simbolo, l’icona di un quartiere uscito dal periodo buio e tornato in auge fino a sognare il primato nell’albo d’oro. Vedovini, che adesso lascia un’eredità ingombrante al suo successore, aveva a sua volta raccolto lo scomodo testimone di Martino Gianni, considerato tutt’oggi il re della piazza, capace di alzare il livello tecnico della manifestazione a suon di V, in un periodo storico in cui mettere la lancia sul IV bastava quasi sempre per primeggiare.
Vedovini ha rappresentato un punto fermo anche per gli altri quartieri. Per anni è stato lui l’uomo da battere, quello che poteva soffiare la vittoria a tutti. Ha lottato contro i fratelli Veneri e Vannozzi, contro Farsetti e Giusti, fino ad arrivare agli avversari più giovani di oggi, con Cicerchia e Scortecci che gli hanno conteso ferocemente, ma con lealtà, i titoli da aggiungere al palmarès.
“Se dovessi sceglierne uno e solo uno – ha confessato Enrico – direi che Cicerchia è quello che mi ha fatto vedere i sorci verdi più degli altri. Però mi sarebbe piaciuto correre una Giostra con Scortecci. Chissà se l’avremmo vinta…”.
Vent’anni sono un pezzo di storia grande così e dentro ci sono milioni di ricordi, sensazioni, stati d’animo. Domeniche memorabili e da cancellare, notturne chiuse all’alba in trionfo e vissute col groppo in gola per aver mancato l’obiettivo.
“Eppure la mia delusione più cocente non è legata alla piazza. L’ho provata quando il quartiere ha rotto con Angiolo Checcacci, l’allenatore con il quale avevo e ho un legame affettivo molto forte. La gioia invece sì. Colpire tre centri in una sola Giostra fu pazzesco, incredibile. La seconda carriera di spareggio mi piacerebbe correrla di nuovo per riprovare le stesse emozioni. E aggiungo l’ultima volta di Peter Pan sulla lizza: facemmo il cinque a velocità sostenuta, quando riconsegnai la lancia alla giuria c’era tutta la piazza ad applaudirlo”.
Peter Pan, manto grigio e andatura elegante, era “una macchina da Saracino, il mio cavallo preferito”. Orgoglioso, coraggioso, indomito, gli dava fastidio il suono dei tamburi ma appena scorgeva il Buratto all’orizzonte diventava un altro e cambiava umore. Con Enrico, come Up raccontò qualche anno fa, ha vissuto in simbiosi da sempre. Si sono visti, conosciuti, frequentati e giorno dopo giorno sono diventati una cosa sola, una sorta di centauro che moltiplicava forza, tenacia, combattività dell’uno e dell’altro.
Vedovini si è definito un gran “rompipalle”. Voleva vincere, dietro le logge battibeccava con gli altri giostratori. E il clima, sia in piazza che durante il corteo, è stato spesso bello caldo. “Solo piccoli screzi però, mai litigate vere durante la Giostra. Finita la battaglia, per me eravamo tutti amici. Anche se a giugno del 2016, durante la sfilata, a San Michele ho rischiato veramente di prenderle…”.
Cose normali da Saracino, verrebbe da dire. Un mondo fatto di persone e sentimenti forti che resistono nel tempo, si saldano e poi prescindono da vittorie e sconfitte.
“Gabriele Papini l’ho conosciuto al quartiere, è un fratello vero per me. La notte della vittoria del 2017, a settembre, i carabinieri ci fermarono poco dopo gli archi, in via Tarlati. Avevamo festeggiato come pazzi, eravamo ubriachi fradici. Per fortuna ci graziarono e non ci fecero fare l’alcol test. Se potessi esprimere un desiderio, invece, qui accanto rivorrei Mauro Lanucci. E’ scomparso troppo presto, meno di due anni fa. Mi piacerebbe risentire la sua voce”.
Forse Vedovini diventerà un allenatore come Angiolo Checcacci o come Martino Gianni, al quale non è riuscito a strappare il record di vittorie in Giostra (13 contro 12). Di sicuro staccarsi dall’ambiente non sarà facile.
“Ancora mi ricordo quando portavo il mitico Fra Diavolo, il cavallo di Martino, alle prove. Lo montavo dalla scuderia di San Polo fino a piazza Grande. Avevo 12 anni, poi a 19 cominciai a fare il giostratore. Mi sembra ieri, è passata una vita”.