Il genio di Borgo Sansepolcro si concede per la prima volta ai taccuini di un giornalista. Dall’enigma sull’anno di nascita al pepato incontro tra il fratello Marco e Bonanna Bacci, la modella della Maddalena. Intervista impossibile, ma verosimile, a un maestro della pittura (e del sottile umorismo)

Buongiorno, maestro.

“Lo est?”

Per me sì, è un’emozione incontrarla.

“Per qual cagione siete fermo al mio cospetto?”

Vorrei porvi delle domande sulla vostra vita, se non vi crea disturbo.

“In verità, mi indigna alquanto esser distolto dal mio cogitare ma, se non v’è petitio di pecunia, darò responso a le demande. Purché lecite”.

Grazie maestro, possiamo dunque cominciare?

“Bene, o messere vestito in buffa guisa. Principiamo”.

Ci deve svelare il primo grande mistero della sua vita. Quando è nato? Da quel che scrive il Vasari, nel 1406. Perché alla sua morte, nel 1492, le attribuisce un’età di 86 anni. Ma risulta che i suoi genitori siano sposati soltanto dal 1410. E’ nato nel 1411 o nel 1412, essendo il primogenito?

“Churiosità sachrosanta, o buffo interrogante. Ma non svelerotti l’arcano”.

Perché?

“Da secoli est una disputa su lo anno che donna Romana, matre mia amatissima, scodellommi. E Giorgio de’ li Vasari, che io non chonobbi, fu bono meco ne li scritti sua. Eviterei a lui una cacìna figura. Io fui edotto in geometria et in mathematica, lui mica tanto”.

Intanto lo sta prendendo in giro. Pare che lei abbia un sottile gusto per l’umorismo.

“Rivelerotti lo anno di nascita mio in un orecchio, son magistro nel crear mistero”.

Vabbè, lasciamo perdere. Tra l’altro, risulta che Vasari non sia stato “bono” con lei. Ne “Le vite” lei ha proprio un ruolo marginale.

“Chuello est perché lo Vasari doveva magnifichare la Toscana. Et io tosco non sono. So’ del Borgo!”

Ma quella leggenda per cui Vasari sbagliò apposta date e dettagli delle sue opere per sminuire il suo valore?

“Chalunnie. C’è dietro la pulchra storiella di Marcho, frate mio, e Bonanna de’ li Bacci. Che non confermo et non smentirotti”.

Però ce la racconti.

“Servivami una madama come modella per la Magdalena del Domo de ‘Rezzo. Et Maria de Magdala, ante de lo incontro con Christo…”

Era una prostituta.

“Bene. Illo tempore havevo un conto in sospensione con Luigio Giovanni de’ li Bacci, patre de la Bonanna. La chuale – Bonanna de nome et de facto – servivami da modella per ambo motivi: avere una pulchra pulzella da pitturare in guisa de la Magdalena et vendicarmi sottilmente de lo tirchio babbo suo. Tutta ‘Rezzo avrebbe visto la fijola sua come peripatetica nel Domo!”

E che c’entra suo fratello Marco?

“Quel disghraziato rischiava de mandare lo piano mio a lo monte. Poiché de la pulzella s’era invaghito. E pareami che ella richambiasse. Dissi lui: “Hai moglie et fijoli, vergognati dinanzi a Iddio!. Lo ricacciai al Borgo prima de lo fattaccio”.

E poi?

“Beh, terminai la pittura e – con sommo complacimento – mirai lo compiuto laboro. Lo diabolico piano completo era. A illo punto, lo frate mio poteva ancho far ritorno a ‘Rezzo e satisfare le voglie de li lombi sua”.

Sì, ma Giorgio Vasari?

“Chuello artista millantatore, venti lustri dopo, prese in isposa Niccolosa Bacci, pronipote de la Bonanna. Il matrimonio celebrossi in Domo, sotto lo dipinto mio. Che onta per lui quando chonobbe la istoria de quella pittura!”

Maestro, mi pare che abbia perso l’aplomb parlando di Vasari. Mi dica, quindi, lui si vendicò?

“Io, all’epoca, ero già concime per li flori. E lo Vasari, accidenti a lo archivio suo, errò deliberatamente date et informationi de la vita mia ne li scritti sua, attribuendo meco meno valore de li Magni de lo Rinascimento. Et fino a lo 1800 la pittura de la Magdalena ignota ai più est stata”.

Cambiamo argomento, è vero che suo padre fu molto duro?

“Borgo Sanseplocro nel ‘400 era magno e ricco oppido: abitavanovvi 4.300 cristiani! Lo patre mio rispettabile homo era in questo Borgo. Era conciatore et di pelli e di panni, ricco merchante. Sì come ne lo laboro severo era, parimenti lo era ne la magione sua”.

Si conciliò mai con suo padre?

“Sempre pacato ebbi modo di essere. Et anche lo patre mio presi per lo bon verso de lo pelo. Modestamente, lo genio mio utile fu nel negotio di familia”.

In che senso?

“Cosa est il guado?”

Il punto più basso di un fiume.

“Est ancho una planta utilissima ad tingendum. Illo tempore erano nella valle tiberina magni campi de guado. Da lo guado ottenevansi il colore indaco per la tintura de li panni. Pria, il turchino arrivava soltanto dalla lontana Bagdad e costava un occhio de lo capo. Sicché, io inventai una technica nova per tirare fora lo colore da lo guado con la gualchiera de proprietà de lo patre mio. Et inchrementai lo guadagno per la familia mia”.

Come è diventato pittore?

“Sempre lo fui, ancho da fanciullo. Lo patre mio mandommi presto ad affinar lo mestiere, perché lo talento manifesto era. Camaldoli, a exemplo, era vivace centro de cultura e pittura. Et poi fui in contatto con la schola florentina. Ma mai pinsi a la maniera tosca, la fede mia stabat ne la proportione, ne la mathematica, ne la geometria: ma maxime ne la ratio, assai rara all’odierno tempore ”.

 

Perugia, Firenze, Roma, Ferrara, Urbino: è stato un giramondo.

“Andavo là, ove la mia arte richiesta era. E, parimenti, dove lo grano assicurato per ingrossar la borsa era in gran copia, unitamente ad un alloggio e al mangiar cotto. Ma ‘l Borgo Sansepolcro sempre fuit casa mia et ivi ogni volta feci retorno”.

Non ha avuto eredi.

“Volli bene a familiari et amici, serbai amore mio a la chanoscenza, a la beltade, a la verità, a la ricerca”.

Non ha mai nemmeno avuto allievi, perché?

“Li compagni di lavoro mia li trovavo in loco. Romani a Roma, aretini a ‘Rezzo, urbinati a Urbino. Una nova squadra per ogni diverso laboro. Ma tanti possono essere li allievi miei. Ne li scritti di prospectiva parlo a l’ideale mio discepolo”.

Ha avuto una lunga vita, ma negli ultimi anni era diventato cieco.

“Ebbi da lasciare la pittura per via d’un catarro a li occhi. Scrissi li tractati su la commensuratio. La eredità – dopo lo mio trapasso – andò ai fijioli di Marcho, lo caro frate mio, pria di me trapassato, all’altro frate mio Antonio e alla di lui prole. Lasciai però ancho un po’ de beltade ne lo mondo e multe sollicitationi per far le menti cogitare. Qua e là, dentro e fora de le terre de ‘Rezzo. Chuelle sunt un regalo per tutti voialtri che le potete guatare”.

L’intervista è sospesa tra episodi verificati e altri di fantasia, che ho cercato di rendere verosimili in accordo alle testimonianze sulla personalità di Piero della Francesca.
Ringrazio di cuore Donatella Zanchi, profonda conoscitrice di Piero della Francesca, a cui ho chiesto consulenza, anche per l’entusiasmo con cui ha accolto l’iniziativa.
A lei devo la revisione dell’articolo e l’integrazione in alcune sue parti. L’episodio di Marco e Bonanna è tratto da “La Maddalena di Piero della Francesca” di Maria Luisa Ghianda pubblicato su Doppiozero https://www.doppiozero.com/materiali/fuori-busta/la-maddalena-di-piero-della-francesca