La base italiana della Seeley International è a Policiano.
Qui è stata imbastita l’operazione che ha cambiato la prospettiva del gruppo australiano: installare 44mila condizionatori a Mina, fuori dalla Mecca.
La città è detta Tent City perché ospita la tendopoli più grande del pianeta, dove ogni anno alloggiano i tre milioni di pellegrini dell’Hajj musulmano
Ha il controllo sui mercati di Europa, parte dell’Asia e dell’Africa: è la base italiana della Seeley International, azienda australiana leader negli impianti di condizionamento.
Dove si trova?
A Policiano, meno di dieci minuti da Arezzo. Ed è proprio qui che è stata imbastita l’operazione che ha cambiato la prospettiva del gruppo, imprimendogli una svolta senza precedenti: una maxi commessa da 755 container che ha permesso alla Seeley di produrre e di installare oltre 44mila condizionatori a Mina, città dell’Arabia Saudita a cinque chilometri dalla Mecca. Mina è conosciuta come Tent city perché ospita la più grande tendopoli del pianeta: ci sono centomila tende che in occasione dell’annuale pellegrinaggio dell’Hajj musulmano danno ospitalità a tre milioni di persone.
La cabina di regia dell’ordine-monstre ha il volto rassicurante di Samuele Peli, general manager d’area, aretino, che ha scelto la sua provincia, in particolare la periferia del capoluogo immersa nel verde, come sede aziendale dopo la chiusura dell’ufficio di Milano. Con lui, a spiegare la filosofia della Seeley, anche la responsabile del marketing Cristina Piattelli. “Continuiamo ad assumere – dice Peli – ma l’aspetto più bello è che nessuno, tra i dipendenti d’Italia, ha mai lasciato l’azienda.
Cerchiamo di diffondere il pensiero del fondatore australiano, Frank Seeley: al centro del suo progetto c’è la qualità dei prodotti, oltre al rispetto e alla comprensione dei dipendenti”.
Negli anni ‘60 Frank, maestro elementare di Adelaide (nel sud della terra dei canguri), vende condizionatori porta a porta, a tempo perso.
È un impegno secondario, ma il precettore ha successo in questa attività di ripiego.
Tuttavia, non è soddisfatto della merce che piazza.
Frank nota che dopo un pò di tempo le parti metalliche – a causa del caldo e della sabbia australiana – si corrodono, rovinandosi per sempre.
È in quel momento che il maestro delle elementari pensa di abbandonare il porto sicuro dell’insegnamento e di lanciarsi nell’avventura che cambierà la sua vita: decide infatti di produrre in proprio dei condizionatori migliori rispetto a quelli venduti fino a quel momento, partendo da un materiale che non si corrode: la plastica.
Nasce la Seeley, è il 1972. Superate le iniziali diffidenze, il nuovo prodotto prende piede. Dopo aver messo a punto caratteristiche di resistenza e affidabilità concorrenziali, grazie allo spessore del materiale usato, i condizionatori Seeley cominciano ad essere diffusi nel continente. E ben presto i confini australiani diventano troppi piccoli per l’azienda di Frank.
Nell’arco di pochi anni, siamo alla fine dei ‘70, arriva la prima commessa internazionale in Iraq.
La Seeley comprende la propria vera vocazione e si specializza nella fabbricazione e installazione di grandi impianti, piuttosto che di quelli domestici, accreditandosi sempre più a livello mondiale. Il merito risiede sia nella bontà della produzione che nelle garanzie proposte che, più dei concorrenti, riescono a sfidare il tempo.
E così iniziano a sorgere uffici in più Paesi, in diversi continenti: aprono sedi negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna. Nel 2005 è il turno dell’Italia. A Samuele Peli, forte di un’esperienza alla Daikin, spetta l’onere e l’onore di avviare l’attività commerciale a Milano.
Il business della Seeley cresce, al pari delle responsabilità: sono sempre di più le aree di mercato che ricadono sotto il controllo italiano. Poi, su richiesta di Peli, la base viene spostata nell’aretino. Appena fuori dal capoluogo, all’ingresso della Valdichiana. Prima nella frazione di Rigutino, poi a Policiano.
“Non ho avuto ostacoli nell’avvicinamento a casa – spiega il general manger – l’importante per gli australiani è mostrare i risultati positivi ottenuti”. E tra questi, di certo il più importante, è il colpaccio fatto a Tent City.
“Ci sono stati mesi e mesi di trattative – dice Peli – abbiamo avuto rapporti con il potente Ministero del Pellegrinaggio arabo. E alla fine, la nostra proposta è risultata convincente. Un onore vero. Le installazioni delle macchine sono iniziate nel 2016 e si concludono nel 2018. Mettendo in fila tutti i condizionatori prodotti per questa commessa si raggiungono i 44 chilometri”.
Un lavoro enorme: i ritmi di produzione australiani per evadere l’ordine in Arabia Saudita sono stati rivoluzionati. Ma la straordinaria commessa ha lanciato l’intero gruppo in una nuova dimensione. Tanto che la Seeley sta cercando di intercettare nuovi ordinativi di questo spessore.
Ma andando indietro nel tempo, in quanto a commesse prestigiose (pur se più contenute) la Seeley non ha mai steccato. Alcuni esempi? Quella per la climatizzazione del palco di Pavarotti&Friends a Modena nei primi anni 2000, quella per la fabbrica e per il museo Lamborghini, sempre nel modenese, quella per uno stabilimento della casa automobilistica Porsche in Malesia. E poi, in ordine sparso, la climatizzazione di molti punti vendita Decathlon, di stabilimenti Pepsi e Heineken, di cantine australiane, degli stadi dei Mondiali di Francia ‘98, di paddock della MotoGp. E non possono mancare installazioni ad Arezzo. “Tra i lavori più importanti che abbiamo portato a termine – conclude Peli – mi piace citare quello della AeC Illuminazione di Subbiano”. Un sogno per il futuro? “Indovinare un’altra commessa come quella di Mina”.