Pau, Drigo, Cesare e il sound di una vita in giro per il mondo. Dieci album di successo e un punto di riferimento stabile: la loro terra. Storia, aneddoti e sogni dei Negrita, una delle band italiane che più ha influenzato la scena rock a cavallo dei due millenni
Tre amici, una grande passione per la musica e la capacità di conquistare il pubblico con un sound riconoscibile ma al tempo stesso in continua evoluzione, che graffia e accarezza l’anima dei fan sin dai primi anni ’90. Cambio, Mama maé, Gioia Infinita, Magnolia, Radio Conga, In ogni atomo, Che rumore fa la felicità… sono solo alcuni dei loro successi.
Pau, Cesare e Drigo stregano gli spettatori con live che colpiscono allo stomaco da 33 anni: già dagli esordi, sconosciuta band di provincia che si esibiva in una manciata di locali e con zero album all’attivo, i Negrita facevano sold out ad ogni serata. Durante l’ultimo, lungo viaggio negli Stati Uniti, tra i sedili di un furgone e le cucine degli appartamenti in cui hanno soggiornato, è stato concepito Desert Yacht Club, il decimo album. I Negrita ne hanno fatta di strada in questi anni, imbarcandosi in avventure importanti per mantenere sempre vivi entusiasmo e ispirazione, ma aver gettato l’ancora nella città in cui sono cresciuti non ha impedito loro di diventare una delle rock’n’roll band più acclamate e longeve del panorama italiano.
Abbiamo incontrato Pau, Cesare e Drigo nel loro quartier generale in Casentino, in un assolato pomeriggio di giugno. Tra vinili, cavi elettrici e scalette dei vecchi live, abbiamo allestito il set per gli scatti di copertina e poi, accomodati tra ampli e chitarre, è iniziata la nostra chiacchierata su Arezzo.
“Se sei un buon manager di te stesso, con un mondo così cablato, oggi puoi fare a meno di vivere in una metropoli: abbiamo scelto di rimanere qui perché volevamo avere dei bambini e offrire loro il luogo più sano possibile in cui crescere – dice Pau. Da giovani la provincia ci stava stretta, ma quando le cose hanno iniziato a diventare grandi, abbiamo sentito l’esigenza di ricongiungerci periodicamente con la dimensione che ci ha generato. Qui ci sono le nostre radici e si propagano fin sotto terra, verso le persone che amiamo, verso le nostre tradizioni. Viaggiamo tantissimo per lavoro e quando restiamo a lungo negli Stati Uniti o in Oriente, io avverto la mancanza di basi storiche e della mia cultura personale che identifico soprattutto con Arezzo”.
Drigo, fin qui attento ascoltatore, interviene e dice la sua: “Arezzo è meravigliosa, piena di risorse, di luoghi da visitare e da scoprire per i turisti. Mi dispiace vederla perdente contro città come Firenze, Siena, Perugia. Chi viene in Italia per una vacanza, di solito sceglie altri itinerari. Per avere una marcia in più, anche Arezzo dovrebbe offrire alternative al turismo ordinario, che siano un polo attrattivo per la città. Penso a grandi eventi come Lucca Summer Festival o Umbria Jazz“.
A questo punto chiunque abbia vissuto le emozioni di Arezzo Wave, chiunque abbia portato il proprio contributo al festival, finendo con il sentirselo “un po’ suo”, come afferma Cesare, proverà un po’ di nostalgia. E forse spererà che il Mengo Music Fest, che quest’anno si è svolto per la prima volta nella magnifica cornice del Prato, riesca a mantenere una propria continuità in modo da colmare questa grande perdita.
“È venuta a mancare la centralità che Arezzo ha avuto per tanti anni. Il suo vero momento d’oro è stato il periodo di Arezzo Wave: negozi, ristoranti, alberghi, ogni attività ne ha tratto giovamento. Se c’erano problemi di ordine pubblico nella struttura del campeggio, bisognava intervenire chiudendo o rendendo più sicuro il campeggio, non facendo morire un festival con tutta quella storia”.
I Negrita nel futuro di Arezzo ci credono. Infatti hanno messo a punto un progetto per contribuire a vivacizzare le abitudini della città, a dare nuovi orizzonti agli aretini.
“Per anni non abbiamo visto sbocchi progressisti, né abbiamo avuto l’impressione di poter immaginare un domani diverso, poi ultimamente abbiamo incrociato persone, un po’ più giovani di noi, che si danno da fare come facevamo noi in passato, lavorando ad Arezzo ma con un’attitudine nazionale. Si è riaccesa la fiammella della speranza”, racconta Pau.
Dalla sinergia con queste persone è nato il progetto per la riqualificazione dell’ex mercato ortofrutticolo di Pescaiola, ribattezzato Orto Creativo. “Abbiamo ricevuto l’invito a partecipare al bando direttamente dal Comune e lo abbiamo accolto con entusiasmo, coinvolgendo professionisti al di fuori di Arezzo come lo chef Alessandro Borghese. Con l’obiettivo di dare una scossa culturale e sociale alla città, avevamo pensato alla realizzazione di una struttura organica dedicata alla musica, ma non solo. La nostra intenzione era quella di dare spazio all’arte in tutte le sue forme, ospitando fotografi, pittori, stilisti”.
Conciliare cuore e ragione, arte e politica, però, non è facile e il progetto, nonostante abbia vinto il bando di interesse e ricevuto complimenti da parte dei perdenti, non è stato sposato fino in fondo dalla giunta. “Noi lavoriamo di sogni, le amministrazioni di marciapiedi. Sono due linguaggi completamente diversi, e avere come riferimento soltanto i soldi produce una desertificazione culturale e strutturale, quella che stiamo vivendo in tutta Italia oggi, non solo ad Arezzo”. Offrire alla città un polo culturale così affascinante, avrebbe reso orgogliosi Pau, Cesare e Drigo. Anche perché loro vivono il mondo dell’arte in tutte le sue forme, ciascuno con le proprie peculiarità.
Cesare viene definito un “professore delle arti minori” da Pau e Drigo: è lui ad essere consultato per risolvere problemi di qualsiasi natura. Ha realizzato la copertina e il booklet di Helldorado, raduna la band in cucina intorno ai suoi piatti, sa mettere le mani dappertutto. “Ho un approccio razionale alle cose” dice “e abituare te stesso ad ascoltare la musica con un certo orecchio influisce su tutti gli altri sensi. Le sensazioni che assorbo quando guardo un film, leggo un libro o visito una mostra, possono influenzare il lavoro che sto facendo nel mio campo”.
Il percorso di studi all’istituto arte e architettura ha indirizzato Pau sin da giovanissimo verso l’arte figurativa e la grafica. “Poi ho preferito fare musica, la ritengo da sempre il mezzo più consono per esprimermi. Mia figlia invece è una fanatica della danza classica e mi porta nei grandi teatri italiani a vedere i migliori ballerini del mondo”.
“Pau è anche un grande entertainer, crea situazioni. Durante i suoi dj set possono accadere le cose più inaspettate, salgono sul palco altri musicisti, sono vere e proprie performance artistiche”, ci racconta Drigo, che invece disegna. Usa bombolette spray, matite, pennarelli. “Da bambino sognavo di diventare un pittore, ma non ho una preparazione accademica. Ho usato il disegno come mezzo per manifestare il mio entusiasmo nei confronti di tutto ciò che vedevo. Ero introverso, osservavo e, non avendo con me una macchina fotografica, disegnavo”. Ci racconta di quando, rannicchiato in un angolo di Lapa, a Rio de Janeiro, “ha rischiato una pallottola” mentre ritraeva soggetti poco raccomandabili.
Prima di salutarci, chiediamo ai Negrita i luoghi a cui sono maggiormente legati. Non hanno alcun dubbio: le magiche atmosfere del Prato e della Fortezza li aiutano a rimettere in ordine lo spirito, l’anima e le idee.
Dopo aver “rotolato verso Sud” alla scoperta del mondo e di nuovi orizzonti musicali, dopo aver guardato in milioni di occhi, il bisogno di tornare dove sono fissati gli ormeggi diventa forte. Ecco che il contatto con il verde del Casentino si fa intimo e profondo, ecco che le passeggiate in Corso Italia, nella zona di via Sassoverde e della Chiesa di San Domenico acquistano un valore inestimabile. Perché la storia che Pau, Cesare e Drigo hanno tatuata in fondo all’anima è iniziata proprio qui.
Desert Yacht Club
Durante l’ultimo viaggio negli Stati Uniti, utile ad esorcizzare una profonda crisi, la band ha soggiornato nel Desert Yacht Club, una struttura creativa nel deserto di Joshua Tree, in California. Da quest’esperienza sono scaturite idee, spunti musicali ed emozioni che, con un computer acceso h24 e qualche strumento di fortuna, hanno costituito le fondamenta del decimo album, intitolato proprio come il luogo che ha dato il via alla loro rinascita. “Siamo ancora qua“, annuncia il brano di apertura, lanciando un messaggio che esprime tutta la grinta di chi si scopre capace di superare gli ostacoli più difficili
Tutti per uno
Nessuno tra Pau, Cesare e Drigo è il “leader dei Negrita”. Ogni progetto viene plasmato e influenzato continuamente da tutti e tre i membri della band. Il profondo legame di amicizia che li lega e la loro capacità di fare squadra, di essere collaborativi, sono alla base dell’equilibrio e del successo del gruppo. Il rituale che compiono prima di ogni live è emblematico della loro unione. Pau ce l’ha spiegato così: “Ci abbracciamo uno per uno tutti con tutti, è un po’ come se ci connettessimo l’uno all’altro. Quando arriviamo sul palco, siamo pronti a far esplodere tutta la nostra energia”