L’irresistibile ascesa dell’attore aretino Daniele Marmi.
Reso celebre dallo spot della birra Ceres, oggi lavora al teatro Stabile di Torino Ed è entrato nel cast della serie I delitti del BarLume. Ad Arezzo gestisce l’attività artistica del Virginian
La mattina a scuola, il pomeriggio insieme all’inseparabile amico Luca: giocando con il Commodore 64, guardando i film di Fantozzi, improvvisando i nostri primi cortometraggi. I miei 13 anni. Iniziò in quel periodo anche il folle amore per i Depeche Mode che mi ha cambiato la vita e di cui porto ancora i segni. Ok, è un’altra storia e rischio di divagare. In una di quelle spensierate giornate, Luca mi annunciò, non senza un pizzico di orgoglio (che doveva rimanere celato) che avrebbe avuto un fratello. Il primo aprile del 1985 nacque Daniele. Per questioni di necessità (ma, ora posso dirlo, anche di affettuoso legame) il nuovo arrivato entrò prepotentemente nel piccolo club privato. Non sconvolse le nostre abitudini ma, fin da subito, fu obbligato a tenere il passo nonostante la notevole differenza di età. Mi ricordo quel simpatico bambino che interpretava scene epiche come “la cena a casa della contessa” nel Secondo tragico Fantozzi. Un piccolo fenomeno.
Adesso quel bimbo è diventato Daniele Marmi: attore, comico, cabarettista. Diplomato alla scuola Internazionale Circo a Vapore di Roma diretta da Silvia Marcotullio e Fiammetta Bianconi, ha fondato il gruppo comico Progildan, con cui è riuscito a vincere concorsi come il “Delfino d’oro” e meritarsi la menzione d’onore al “Premio Alberto Sordi” a Faenza. Interprete teatrale in numerosi spettacoli, protagonista di “Zelig Off”, di “Central Station”, testimonial “Ceres” e “10 e lotto”, nel cast de “I delitti del BaLume”. Oggi lavora al Teatro Stabile di Torino.
Ma io e tuo fratello possiamo prenderci il merito di averti “iniziato” all’arte comica?
Ebbene sì. Le interminabili maratone-Fantozzi mi hanno fatto innamorare della comicità, ma il teatro mi è sempre piaciuto. Sono state due amiche a portarmi alla prima scuola, Il piccolo teatro di Arezzo. Loro poco dopo abbandonarono tutto; io invece sono rimasto. Da lì ho capito che era la mia passione.
Quali sono state le tue tappe formative?
La mia prima insegante al Piccolo Teatro è stata Silvia Martini. Era completamente pazza, nel senso buono. E’ lei che mi ha fatto scattare la scintilla. Dopo quattro o cinque anni sono passato alla Libera Accademia, perché tutte le altre scuole aretine di teatro volevano unirsi per realizzare un grande musical. Io però i musical non li tollero proprio, mi annoiano. Alla Libera Accademia sono rimasto per qualche anno. Infine Roma. Ho cominciato il mio percorso alla Scuola Internazionale di Teatro Circo a Vapore, dove ho studiato il metodo Jaques Lecoq, che si concentra sulla fisicità, sulla maschera, sulla “clownerie”. Il Piccolo mi ha incantato, la Libera Accademia mi ha dato un buon metodo di studio ma la scuola di Roma mi ha permesso di cambiare il passo.
Di qui il lavoro.
Dopo il diploma, a 22 anni, ho subito provato a fare cose mie tra cui una riscrittura di un testo di Antonio Murri, “Stavolta mi ammazzo sul serio”. Poi ho conosciuto Gilberto Pellegrini e Cristian Materazzi. Con loro ho fondato un trio comico, Progildan, e abbiamo cominciato a fare delle serate al circolo Aurora di Arezzo. Nel 2009 abbiamo partecipato a Zelig Off; quello è stato il nostro trampolino, da lì sono venuti altri programmi come Metropolis e Central Station. Il vero lancio teatrale c’è stato con lo spettacolo I Rusteghi con Eugenio Allegri e la regia di Gabriele Vacis. Era il 2011. Da quel momento ho cominciato a far parte del Teatro Stabile di Torino e oggi vivo in tournée per sei mesi l’anno.
Nel 2018 cosa può offrire Arezzo a un giovane che vuole cimentarsi con la carriera teatrale?
Ad Arezzo non ci sono scuole che offrono riconoscimenti a livello europeo. Quelle sono solo a Torino, Milano, Genova, Roma. Secondo me ad Arezzo si possono muovere i primi passi, ma poi è necessario andare altrove per diventare un attore professionista.
Quali sono le ultime produzioni teatrali in cui sei stato impegnato?
Il Nome della Rosa per la regia di Leo Muscato, che ha registrato oltre 80 mila spettatori, 133 repliche in tutto il mondo. Sono tornato pochi giorni fa.
Dal teatro alla tv: prima lo spot Ceres, poi i Delitti del Barlume, produzione Sky, dove impersono da molte stagioni il poliziotto Cioni.
Come sei arrivato a questi ruoli?
Per lo spot… sarà stato culo? Serviva un personaggio simpatico e hanno scelto me tra migliaia. Bella esperienza. Quando vado a Roma c’è una mia gigantografia in un bar. Troppo divertente! Per la serie invece devo ringraziare Paola Rota, assistente della direttrice casting, che avevo conosciuto a Torino. Lei sapeva che la produzione aveva bisogno di un personaggio toscano, ironico e ha indicato me. Sono con loro da quattro anni, è un gruppo di lavoro piacevole e rilassato. Sarà anche perché giriamo all’Elba, d’estate!
Hai un rapporto particolare con i colleghi del cast?
Si, con Guglielmo Favilla che è l’altro poliziotto. Ma con tutti c’è un bellissimo feeling, la barista Erica Guidi, Stefano Fresi che è entrato quest’anno, ma anche Michele Di Mauro che interpreta il commissario Tassone e soprattutto tutti i mitici vecchietti. Ci manca Carlo Monni, era una persona fantastica. Ci svegliava ogni mattina in albergo verso le sette e ci chiedeva di fare il bagno in mare. Una volta lo accompagnammo io e un collega, lui si tuffò dalla scogliera e poi arrivò sul set come se nulla fosse.
Passare dal teatro alla tv o viceversa oggi è automatico? O l’attore di teatro resta tale?
Credo che un vero attore sia in grado di fare sia teatro che tv. Oggi tutti vogliono diventare celebri. E per fare questo la tv sembra il mezzo più veloce. La richiesta è molto più alta rispetto ad alcuni anni fa. Quindi non è così automatico passare al cinema o alla tv, partendo dal teatro. A volte ottenere una parte è questione di fortuna. Accade spesso che l’agenzia abbia esigenza di un personaggio, anche a livello tecnico e televisivo. Poi c’è chi preferisce il teatro, chi il cinema, chi Ia tv. Io sono innamorato del teatro, ma è vero che la tv può fornire anche dei guadagni più alti. Il teatro rimane qualcosa di romantico, ma trova sempre meno spazio e meno supporto economico.
Funziona così anche per i più giovani?
La percezione per un giovane è che basta proporsi e insistere. Questo è il clima che hanno creato i vari talent. Il sacrificio dello studio e della preparazione sembra passare in secondo piano. La cultura del “tutto e subito” rischia di azzerare la consapevolezza che per ogni cosa serva preparazione. A 18 anni si deve già essere famosi, non c’è tempo per prepararsi.
Come si struttura il tuo progetto tutto aretino?
Gestire da fuori il Teatro Virginian è difficile. Per fortuna ci sono Mirco Sassoli e Alessandro Marini. La produzione più importante in cantiere è realizzata dalla nostra compagnia, La Filostoccola. Si tratta de “La Commedia degli Errori”, uno spettacolo a due voci, la mia e quella di Alessandro, la cui regia è affidata, felicemente, a Eugenio Allegri. La prima assoluta sarà in programma per il 30-31 maggio al Teatro Virginian.
Qual è il tuo rapporto con Arezzo oggi?
Io di Arezzo amo tutto. Ogni volta che sono in giro parlo sempre della mia città e porto tanti colleghi a visitarla e a vedere la Giostra. Sono interista e di Porta del Foro, ahimè. Quello che più mi spiace è fare tanto per portare un’offerta teatrale ad Arezzo e ricevere poco in cambio. Se amate la cultura, date una mano al Virginian.